Regia di Nia DaCosta vedi scheda film
Visivamente notevole, con uno sviluppo complesso gestito benissimo. Condanna alla voglia di oggi riscrivere la Storia, edulcorarla, dimenticando gli orrori del passato ma senza averli davvero superati e soprattutto senza pagare il pegno che è dovuto a coloro a cui è stata negata ogni giustizia: la Memoria. Non al livello dell'originale ma di poco.
Esteticamente bellissimo, un'estetica ostentata, quasi a voler gareggiare col suo predecessore, ma mai banale. Lo sviluppo è complesso, sinuoso e si muove su molteplici piani. Sicuramente azzeccata la scelta di usare l'aspetto pulitissimo e luccicante del nuovo quartiere per mettere a nudo il degrado fisico (c'è uno splendido sottotema body horror) , mentale (i percosi che portano sull'orlo della follia, altro buon sottotema horror) e sociale attraverso un ronzio che si intensifica, che esce a rovescio dagli specchi fino a divenire sovrannaturale, fino alla reincarnazione in Mito.
Un grido mai sopito.
Come se il quartiere fosse una pelle nuova cucita sopra un arto in cancrena.
E questo sviluppo si avvicina e diverge sotto molti punti di vista a quello del film del 1992 ma lo supera in eleganza e compiutezza.
Purtroppo questo sequel affronta un lutto non da poco avendo perso i Cabrini Green, la granitica e ipnotica location originale (il cui ultimo edificio fu abbattuto nel 2011) ma fa quel che può per onorarla. E questo basta.
Il film è un tentativo riuscitissimo di riproporre quello che a mio avviso è a tutt'oggi un film irripetibile e uno degli horror fondamentali. Perché Candyman del 1992 è, come il suo protagonista, un film perduto nel tempo ma mai dimenticato, non da chi lo ha visto.
In effetti, se questa versione moderna ha un difetto (e credetemi è un difetto enorme) è proprio quello di non essere capace di sedurre lo spettatore nello stesso modo.
Risulta troppo didascalico per poterlo fare, troppo spiegato, troppo coerente. Vive all'interno delle intenzioni dell'autore, le realizza in maniera splendida. Ma non le supera.
"Candyman: Terrore dietro lo specchio" è stato invece sicuramente qualcosa di molto più di quello che avrebbe dovuto essere. Avrebbe dovuto essere uno slasher su come le storie si trasformano e prendono potere fino a divenire Mito. E solo collateralmente una critica allla ghettizzazione e al razzismo. Eppure la sua trama non lo contiene, la mente di chi lo guarda va oltre, pensa a temi nel film solo accennati, si innamora di un Male antico così affascinante e terribile, cede al fascino dell'attore Tony Todd restando ipnotizzato ad ascoltarlo parlare, riflette sulla prevaricazione di razza ma anche su quella di genere, ti fa tifare per la spaurita, femminile, impotente Hellen tanto quanto tifi per il maestoso Candyman.
Nel film originario si resta disorientati ad osservare questa guerra che sembra un corteggiamento, questo paladino di una razza oppressa che sembra oppressore, questa eroina bianca che sembra vittima sacrificale, che nel suo essere vittima perde il suo status di bianca ricca, di intrusa. Perché è il dolore, il peso di un dolore che non riceverà mai giustizia, che la rende parte del quartiere. Fino a divenire personaggio dei murales sui muri, riportata alla gloria alla pari e al fianco del suo persecutore, dalle mani di artisti di strada senza nome.
È indimenticabile, è potente quel corteo muto che sembra gridare più delle sirene e pare rivendicare l'appartenza di Hellen come una di loro.
Ma è solo una possibile interpretazione, me ne vengono in mente molte altre, perché il film del 1992 semplicemente non dà una sua versione certa. Ci sussurra la sua storia di fantasmi e poi ci gira le spalle lasciandoci al ronzio delle api.
Il film del 2021 era a tanto così dal raggiungere l'originale, ma il suo scopo è troppo evidente, troppo spiegato, troppo insistito per lasciar spazio ad altro.
Ma credetemi se vi dico che questo è il suo unico difetto.
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