La tenerezza
tenerezza è detta
se tenere cose dètta
Sandro Penna
La pellicola nei suoi altisonanti e schietti 77 minuti raggiunge diversi livelli di riflessione.
Da un lato, un'anima, quella di Bianca Dolce Miele. Orfana fin da giovane, calva, glabra, con una pelle eburnea come una plastica statua del Canova. A differenza di quest'ultima però, essa è animata da un'interessante voce roca, specchio dell'anima, che ti rimane in testa e che sembra sempre sul punto di spezzarsi. Come la sua vita.
Bianca è una transessuale che ha scelto di prostituirsi per lavoro. Trentanovenne, vive a Milano nel quartiere popolare di Quarto Oggiaro in un appartamento al terzo piano di un edificio costruito negli anni Settanta. Figlia di un noto scultore, ha un vecchio modello di telefono cellulare e per incontrarla la si può contattare sui siti di incontro.
Per tale motivo, Bianca deve sempre rimanere a casa: non rispondere a un messaggio, significherebbe perdere un cliente. La casa è dunque uno dei due punti fermi della sua vita, in cui la vediamo radersi, truccarsi, accompagnata dal suo gatto nero e candele inserite in bottiglie su cui cola la cera. Non c'è mai luce elettrica in casa e le persiane sono sempre mezze chiuse in una penombra anche emotiva.
L'altro punto fermo di Bianca è Natasha, sua compagna da sedici anni. La transessuale giapponese che si divide tra Milano e il Brasile non vede Bianca da ben due anni, ma ciò che le unisce sono telefonate quotidiane.
Dall'altro, le anime di coloro che arrivano, clienti, avventori, curiosi a cui Bianca riesce a portare sollievo, affetto e dolcezza. Tra questi un intellettuale che si porta da casa la carne Montana in scatola e beve Tavernello bianco anche caldo, che si avventura in un pasto simileucaristico e apparecchiando, come in una liturgia sacra, il corpo di Bianca che funge da base per un nutrimento che sa di comunione più di spirito e mente che di corpi.
La casa dell'amore è l'ultima pellicola di una trilogia specifica sulla casa. Ricordiamo che nel 2018 Dulcinea fu selezionato al 71° Locarno Film Festival in concorso nella sezione "Signs of life" e il successivo Pierino al 61° DOK Leipzig. Tutte e tre i lavori hanno come focus spazi privati, al cui interno si muovono, vivono, agiscono i protagonisti, i personaggi, che li animano i quali hanno sempre degli stili di vita e lavori ben legati a questo spazio intimo.
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