Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
Ispirato a un fatto realmente accaduto, il film di Lizzani è vivace e popolaresco, quasi pre-pasoliniano. Però rappresenta, secondo me, un passo indietro del regista rispetto al proprio esordio Achtung! Banditi! (1951), anche perché appare surrettizia la parallela vicenda dell'avvocato che, piano piano, s'innamora della propria dattilografa.
È interessante, comunque, vedere come, in vigenza del vecchio codice di procedura penale (in vigore fino al 1989), gli avvocati della difesa non avessero alcuna facoltà di fare indagini in favore dei propri assistiti.
Per qualche aspetto, relativo alla descrizione dell'uomo ingiustamente braccato dalla giustizia, viene in mente l'Io sono un evaso (1932) con Paul Muni, anche se poi il meccanismo giudiziario qui prende il sopravvento rispetto all'esistenzialismo che caratterizzava il film di Mervyn LeRoy.
Le interpretazioni sono buone a tutti i livelli (Girotti, la Berti, Calì), ma si vede che Giulietta Masina aveva più stoffa degli altri.
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