Regia di Werner Herzog vedi scheda film
La malinconica e triste storia di Stroszek è l'occasione per Herzog di darci il suo punto di vista sul sogno americano attraverso una lente tutta europea.
Il protagonista Bruno S. ha molto in comune con il personaggio da lui interpretato avente le sue stesse iniziali: figlio indesiderato di una prostituta passò un'infanzia difficile fra povertà e bastonate tanto che il suo udito fu pesantemente compromesso dai colpi subiti dalla madre e durante le riprese il regista dovette urlargli contro per dirigerlo, nonostante ciò è perfetto nei panni Stroszek, il musicista vagabondo che a causa degli eccessi alcolici ha passato due anni in carcere a Berlino.
Le lacrime scorrono sincere sul suo viso quando i compagni di cella lo salutano a dimostrazione che Bruno è un'anima fragile e sensibile, il ritorno alla libertà lo spaventa un po, la scena del commiato è molto significativa perché attraverso i gesti dei tre carcerati si esprime in una manciata di minuti la capacità che ha la prigione di annientare la mente: Bruno non ha l’entusiasmo di un uomo che sta per riassaporare la libertà, l’altro carcerato incendia una scoreggia mentre il suo amico turco ha passato gli anni a realizzare barchette di carta sempre più piccole e ne regala una microscopica per ricordo al nostro antieroe commosso.
La Germania non è mai stata la terra promessa e lo stile gelido di Herzog ne da un'immagine crudele nelle figure dei due papponi violenti e minacciosi che prendono di mira Bruno perché ha una tenera amicizia con la bella Eva, la loro protetta: la ragazza picchiata ed umiliata viene trascinata a casa di Bruno per icapelli, i due energumeni distruggono la sua preziosa fisarmonica e abbandonano la ragazza ormai legata a Bruno da un tenero rapporto che però non può definirsi amore, i due si consolano a vicenda semplicemente stando insieme ma sono ad un punto morto delle loro esistenze.
La svolta è comunque “dietro l’angolo” perché Scheitz l’anziano vicino di casa sta per lasciare Berlino alla volta dell’America dove raggiungerà il cugino che fa il meccanico nel Wisconsin, lo strano terzetto si accorda per affrontare il lungo viaggio, Scheitz ha contattato il lontano parente che ha garantito lavoro e alloggio sia per Eva che per Bruno, non saranno presidente e first lady ma l’America si che è ha i connotati della terra promessa e una opportunità non la nega a nessuno.
Comincia qui il vero apologo di Herzog sull’utopia a stelle e strisce con i suoi sogni di rock and roll accessibili a tutti, belli e brutti ma in realtà vivi anche dopo l’alba solo per pochi e non illusi come Stroszek, l’America non è per Herzog lo skyline di Manahattan che sfuma in fretta dietro le spalle di un vecchio, una puttana e un tonto all’avventura in un luogo sconosciuto, è invece un gelido paesino del Wisconsin ad un passo dal Canada dove Bruno ed Eva svolgono i compiti di meccanico e cameriera in un autogrill, ben presto entrano nel meccanismo economico degli States a suon di rate per la casa trailer dove vanno a vivere equipaggiandola di frigo e tv anch’esse a rate, la scalata al successo è già finita per i nostri eroi con le tasche vuote ma Eva è donna veloce di lingua ed abile di glottide sempre pronta a ricominciare da capo, è ancora giovane ed ha la figa dalla parte del manico per cui non è difficile per lei trovare un altro autotreno su cui montare o da montare e con il quale ripartire ma per il povero Bruno il passo indietro è segnale di sconfitta in una landa desolata dove non sa neppure ancora parlare, la versione in circolazione non doppia le voci degli americani per far si che lo smarrimento di Bruno sia condivisibile anche a noi, ma se è vero che per me l’inglese è una seconda lingua così non è per tutti e comunque sia Herzog monta una scena straniante anche per gli stessi americani in cui un incaricato dalla banca mette all’asta i beni non pagati di Bruno fiancheggiato da un banditore che conduce la trattativa utilizzando la bocca come una mitragliatrice, un bombardamento di parole quasi incomprensibili per chiunque perché l’America non ha tempo da perdere e viaggia veloce come una canzone senza musica in tributo al dio denaro intonata da un commerciante e non da un musicista appassionato come Stroszek che allietava i cortili a Berlino per qualche spicciolo che gli facesse sbarcare il lunario, ad asta conclusa Scheitz si rivolge aspramente in tedesco al banditore mitragliatore che lapidario gli risponde "Mi dispiace signore ma non capisco cosa sta dicendo".
La strada di Bruno è segnata e lui non può far altro che tornarci scriteriatamente fino all’ultimo atto in un crescendo di follia visiva davvero disturbante tanto che la troupe di Herzog detestava lavorare a questa scena, il regista dovette girare tutto da solo il delirio crescente di Stroszek ma lo considera ancora oggi il suo pezzo di cinema migliore racchiuso in quelle quattro case piene di commessi indiani, poliziotti pellerossa, polli ballerini, galli pianisti e conigli vigili del fuoco in un circo a gettoni, fra loro c’è anche Stroszek con il suo camioncino impazzito che brucia in girotondo e poi sulla seggiovia che porta sempre in cima al monte e inesorabilmente a valle.
La fine del film coincide per molti con quella del protagonista, ma il tutto è veramente ambiguo e lo stesso Herzog ha dichiarato che la sua intenzione era proprio questa.
“La ballata di Stroszek” è legato ad un aneddoto molto triste: sembra sia l’ultimo film visto dal leader dei Joy Division Ian Curtis prima di suicidarsi, quella notte la BBC lo trasmise, non c’è però un dato certo che dimostra che lo vide veramente ma la copertina del suo album postumo raffigura un pollo ruspante e un verso di una sua canzone riporta la frase “Il pollo non si ferma” probabile riferimento al finale della pellicola, nel film biografico “Control” si vede Curtis che osserva imbambolato la famosa scena dell’asta in più la parabola di Stroszek ha delle similitudini con la sua che doveva partire per la prima turné americana proprio di li a poco, ci sono quindi molti indizi che fanno intuire che lo vide veramente e ragionandoci sopra se avessero detto che aveva visto “Via col vento” o “Marcellino pane e vino” non avrebbe fatto impressione a nessuno ma che abbia visto “La ballata di Stroszek” fa un certo effetto e non ha certo l’aria di una coincidenza.
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