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Te sto aspettanno

Regia di Armando Fizzarotti vedi scheda film

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La recensione su Te sto aspettanno

di mm40
2 stelle

Maria sta con Carlo, ma il datore di lavoro di lui, Alfredo, la desidera. Ecco che Alfredo costringe Carlo a una trasferta di lavoro e le stringe le grinfie addosso. Maria inizialmente cede alle sue avances, per poi ritornare giustamente sulla sua strada.

 

Ormai passati i sessant'anni da tempo (classe 1892) e con quasi 35 anni di carriera alle spalle (la sua prima regia è del 1923, Core 'e mamma), Armando Fizzarotti è prossimo alla pensione; autore pressochè esclusivamente di sceneggiate/melodrammi in salsa partenopea, come nel caso di questo Te sto aspettanno, lascerà a breve il testimone al figlio Ettore Maria che sarà più che degno prosecutore dell'opera artistica paterna, dando una forma e una definizione a un nuovo genere che (anche) dal melodramma napoletano discende: il musicarello. La stella di Fizzarotti senior ha brillato meno di quella di Fizzarotti Junior solo perchè il primo si è ritrovato a lavorare in un'epoca con meno idolatria, meno culto della personalità dei vip: le sue pellicole a conti fatti non hanno granchè da invidiare a quelle del diretto discendente, essendo in entrambi casi dei guazzabugli senza capo nè coda a base di buoni sentimenti, canzoncine popolari e finali lieti del tutto prevedibili (ma nel musicarello si innesterà, va riconosciuto, un'ulteriore vena prettamente comica). In Te sto aspettanno (da una canzone di Tito Manlio) la sceneggiatura firmata dal regista insieme a Gino Capriolo non offre grandi squarci di fantasia o riflessioni di alcun tipo: trattasi di un mero pretesto per mettere insieme una pellicola da gettare in pasto a un pubblico privo di pretese; nel cast i nomi principali sono quelli di Beniamino Maggio, Rosario Borelli, Maria Paris, Peter Trent, Tecla Scarano e Rosaria Maggio, con un ruolino per il caratterista Pietro Tordi. Per essere il 1956 e avere già vissuto l'epoca neorealista e i primi fermenti della stagione della commedia all'italiana, per essere insomma in un momento - cinematograficamente parlando - nel quale la realtà e, in parallelo, la critica più cruda a essa hanno preso il sopravvento, un lavoruccio come questo sembra uscire in chiaro ritardo. 2,5/10.

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