Regia di Valdimar Jóhannsson vedi scheda film
Spazi desolanti e affascinanti, atmosfere alla Béla Tarr (non a caso tra i produttori), poi il ridicolo che si vorrebbe sacrale, il grottesco greve che si vorrebbe perturbante, i toni di indugio che si vorrebbero riflessivi. Scivolare da una parte piuttosto che dall’altra è un attimo, una questione di gusto e di messinscena, di audacia e di limiti. Limiti che “Lamb” oltrepassa con spiazzante incoscienza.
Soprattutto, però, non c’è progressione drammatica, non c’è climax e, contrariamente alle intenzioni del film, non ci sono domande né dubbi. Il rimosso, qui, non genera mai orrore, ma solo un vuoto di senso perseverante.
Con una sorpresa finale che, per impatto trash, ricorda l’uomo-topo in chiusura a “Rats – Notte di terrore” di Bruno Mattei.
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