Regia di Valdimar Jóhannsson vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - UN CERTAIN REGARD: PREMIO ORIGINALITÀ
"-Ma che cazzo è?
-Felicità."
Una coppia di allevatori di pecore islandesi riesce a coronare il desiderio di essere genitori grazie ad un parto molto particolare, che li scompone un po', ma non più di tanto, e i cui dettagli è bene restino appannaggio della vicenda, che si aggrappa come può a questo unico dettaglio a sorpresa.
L'armonia che si crea in quel paesaggio bucolico islandese è perfetta, scalfita appena dall'irruzione improvvisa del fratello di lui, ex rocker ora in preda a crisi alcoliche e di identità. La resa dei conti è ben più risolutiva quando, all'improvviso e senza rispetto di alcun rigore narrativo, appare il soggetto a rivendicare ciò che gli appartiene.
Lamb, apprezzato sin in modo imbarazzante al Festival di Cannes 2021, ove ha ricevuto un premio tutto concepito per lui al Certain Regard, rientra appieno nella ammaliante ma anche tendenziosa schiera di cinema manipolatore ed estetizzante che gioca su un unico trucchetto, tra il puerile ed il ridicolo involontario, per portare avanti una storiella, questa volta davvero inaccettabile, oltre che insopportabile, sotto ogni punto di vista.
Certo il cinema in fondo è spesso inganno, manipolazione, reinterpretazione.
Ma qui in Lamb, tutto carrellate ad effetto e segreti soppesati troppo a lungo per poi essere ostentati quando ormai una parte della verità è svelata, il gioco stanca e stufa spesso, o comunque troppo presto.
Il regista Valdimar Jóhannsson gioca a tirarla per le lunghe, suddivide la storia in capitoli che non servono a nulla se non a creare inutili ridondanze, e si riduce a tirar fuori il suo jolly risolutore a tre minuti dalla fine, incurante di riuscire solo a far franare un pericolante castello di carte nato posticcio.
Noomi Rapace, che produce oltre a ritagliarsi il ruolo da protagonista, concede la sua usuale espressione apatica su volto perlaceo tutto zigomi, incapace anche stavolta di definire con differente modalità espressiva ciò che la rende contenta, o al contrario infelice: un'attrice dalla carriera anche notevole e sfaccettata, ma che non riesco proprio a farmi piacere.
Un finale inutilmente ad effetto con la bella musica di Sarabande di Handel, non fa che confermare le perplessità che maturano durante il corso della visione, in cui tutto è meticolosamente studiato a puntino per colpire e shoccare lo spettatore dietro uno sfondo scenografico inevitabilmente pittoresco e stupendo come solo la terra d'Islanda e poche altre sanno essere, ma tutto appare anche così stucchevole, premeditato, carnevalesco.
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