La recensione su Lo sciame

di alan smithee

5 stelle

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Le cavallette si trasformano da impressionante piaga biblica, in possibilità di sopravvivenza futura, in soccorso ad un pianeta che non c'è la fa più a nutrire una specie umana che l'ha spremuto, sconvolto, surriscaldato e inquinato in modo ormai quasi sicuramente irreversibile. Una donna, che scopriremo vedova, con due ragazzi al seguito, si impegna a portare avanti la sua start-up che si occupa di allevare cavallette destinate ad alimentazione, sia direttamente, cotte al forno come gamberetti ed insaporite con spezie di vario genere, sia come farina, approfittando dei valori nutrizionali altamente favorevoli e competitivi di cui è composto tale insetto.

Suscettibili di ilarità e di scherno da parte di una comunità che li considera strani, anche per via della precedente attività del marito suicida, impegnato ad allevare senza successo capre, la famiglia, nella persona della capofamiglia, progetta di mollare tutto, visto che l'attività stenta a decollare; finché una scoperta accidentale induce la donna a tentare il tutto per tutto per far rifiorire la sua stravagante iniziativa commerciale. Costi quel che costi, visto che il segreto per moltiplicare le cavallette ormai è stato scoperto, ma il prezzo da pagare per renderle più prolifiche e robuste, sconfina verso soluzioni degne della più bassa macelleria horror. Il film d'esordio del regista Just Philippot è un horror più attento alle dinamiche socio-economiche e familiari, piuttosto che al mero sviluppo dell'intrigo gore che, ad un certo punto, la storia imbocca in modo un po' reticente e poco convinto, sino a sfociare in una soluzione frettolosa ed assurda che stona con le dinamiche più realistiche e lucide che ne descrivono tutta la prima parte.

Ne risulta dunque un horror singolare e spurio, più attento alle dinamiche personali ed introspettive, che al risvolto narrativo che possa eventualmente attanagliare a dovere lo spettatore che si aggrappa alle suggestioni di genere. Circostanza che può disorientare, forse persino frustrare, ma che dà un senso un po' più maturo ad una storia che non vuole solo o semplicemente sconfinare nello splatter più ammiccante e a pronta presa. Bravi gli interpreti, sia grandi (la protagonista Suliane Brahim ma pure il suo servizievole spasimante Sofian Khammes) che "piccini".

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