Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
La cultura italiana a confronto con quella turca, complementari ma non certo avversarie. Turchia ed Italia come la prima e la seconda madre del regista Ozpetek, che al nostro paese dedica la sua opera d'esordio. Il film è valido, almeno a tratti, soprattutto perché rifiuta di avvalorare ancora una volta gli stereotipi dell'italiano in soggiorno all'estero, anche se fatica a reggere l'ora e mezza di durata. Che il bagno turco abbia costituito nel tempo e forse costituisca ancora, nella civiltà turca, una sorta di sancta sanctorum dell'omosessualità e dell'ipocrisia che circonda, in ogni società dominata da un'idea di religione, questo aspetto della vita, è comprensibile e bene fa il regista ad assumere lo hamam a emblema del suo film, ma resta scelta a mio parere forzata quella di mettere l'italiano a contatto con la questione proprio durante il suo soggiorno in un paese laico ma comunque musulmano. È chiaro come il sole, anche alla luce delle opere successive, che la questione omosessuale sia quella che più sta a cuore a Ozpetek e la messa in scena è lodevolmente sobria e priva di esibizionismi. Così com'è lodevole la dimostrazione sul campo che la violenza e i metodi intimidatori di stampo mafioso trovano concreta applicazione anche in un paese così diverso dal nostro. Peccato per la svolta repentina del personaggio di Marta, la quale ha da tre anni una relazione extraconiugale e, quando si reca ad Istanbul per lasciare il marito, se ne reinnamora.
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