Regia di William Dieterle vedi scheda film
In un giacimento di diamanti, la già acerrima rivalità fra una guida e un sorvegliante scontratisi in passato viene complicata dall’arrivo di una bella avventuriera che si finge aristocratica. Sembra un pezzo di Casablanca trapiantato in Sudafrica: ci sono sempre Claude Rains (amabilmente cinico), Paul Henreid (sadico), Peter Lorre (viscido come di consueto) e un locale fumoso dove si gioca a poker; manca solo Bogart, la cui eleganza viene rimpiazzata dalla fisicità di Burt Lancaster. Il materiale è derivativo, arrangiato con una certa abilità ma in modo poco originale: è la solita, risaputa storia della donna perduta (la prosperosa Corinne Calvet, al suo esordio) redenta dall’amore. In particolare la sceneggiatura sembra affidarsi a riempitivi: ci sono due scene di fustigazione (una nel passato, l’altra nel presente), e per due volte viene raccontato l’episodio cruciale (una a voce, l’altra in flashback).
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