Regia di James Erskine vedi scheda film
La vita di Billie Holiday, già protagonista di vari film di finzione, viene, credo per la prima volta, raccontata da un documentario e da un documentarista come James Erskine, discreto mestierante, autore di opere su Pantani o il calciatore Socrates, per esempio. Con "Billie" fa un lavoro molto particolare, raccogliendo, per la prima volta, il lavoro certosino della giornalista Linda Lipnack, morta per suicidio (pare) nel 1978, donna ossessionata dalla vita della Holliday, al punto da raccogliere ore e ore di interviste con chi ne ebbe a che fare per realizzare un libro che non portò mai a termine. I nastri vengono concessi a Erskine, che grazie alle voci degli intervistati e, ovviamente, ai filmati d'epoca, ci consegna uno stringato racconto di una cantante unica, rivoluzionaria, e di una donna complessa, forte ma anche preda delle sue dipendenze, anche psicologiche. Dall'infanzia terribile ai primi successi, alla moltitudine incredibile di uomini (e donne) che furono amanti e sfruttatori, papponi e pusher. Come accadde per Chet Baker quando suonava la sua tromba, così fu lo stesso per Billie, dolce e malinconica solo quando cantava. Il privato fu ben altra cosa e l'emozione nel suo canto è probabilmente la cosa più vicina alla verità che ci sia. Il doc è modesto, condito con le voci delle interviste sui nastri, e colpisce anche il parallelismo fra la vita di Billie e quella della Lipnack, tutte e due brevi. Interessante per approfondire l'epopea di una leggenda, per cercare di ricostruire gli avvenimenti principali della sua vita, che la portarono a morire a soli 44 anni. Per tutto il resto rimane, per sempre, la sua musica.
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