Regia di Albert Pintó vedi scheda film
Horror spagnolo ben poco originale, che per oltre tre quarti ripercorre il medesimo plot di Amityville horror (1979). E anche in questa circostanza si dice essere ispirato da fatti realmente accaduti. Notevole il twist finale che svela il vero intento, verso un tipo di cinema "impegnato", da parte degli autori.
1972. Via Malasaña, civico 32 (Madrid).
Jules e Sebas, due bambini, si introducono in un appartamento per recuperare una pallina di vetro, fuggendo in breve tempo terrorizzati alla vista dell'inquilina.
Quattro anni dopo, proprio in quello stesso appartamento, si stabilisce la coppia (non sposata) composta da Manolo (Iván Marcos) e Candela (Bea Segura) con al seguito tre figli: i più grandi Amparo e Pepe e il piccolo Rafael. A loro si aggiunge anche un problematico nonno, in condizioni di salute precarie. Manolo ha riposto tutte le sue fiducie nell'acquisto dell'immobile, vendendo la fattoria dalla quale si è trasferito e sottoscrivendo un mutuo. La necessità primaria, per la coppia, è il lavoro: che a Madrid non manca, dal momento che il giorno dopo avere preso possesso dell'abitazione, sia Manolo che Candela hanno già l'impegno di recarsi alle rispettive mansioni. Amparo ha l'incarico di seguire Rafael, ma in un attimo di distrazione il piccolo resta solo di fronte alla televisione per poi scomparire misteriosamente. Preoccupati per la sorte del figlio, ma costretti a recarsi al lavoro (?!?), i genitori di Rafael non hanno ancora percepito la gravità della situazione. Nel frattempo Pepe sta iniziando una curiosa relazione con una vicina di casa di nome Clara, scambiando con lei messaggi via cavo per stendere i panni (!!!), mentre Amparo sperimenta allucinanti visioni. Quando Rafael ricompare, urlando rinchiuso in un armadio (sic), anche Manolo e Candela assistono ad una manifestazione spettrale, che ha l'aspetto di una orribile donna...
"Vedrai... saremo felici qui." (Le ultime parole famose del capofamiglia)
Con tutta la buona volontà, diventa davvero difficile prendere seriamente una sceneggiatura di questo tipo, soprattutto quando qua e là vengono intercalati i soliti omaggi/citazioni (la pallina di vetro rimanda al Bava di Operazione paura, mentre la televisione che inghiotte Rafael è in arrivo da Poltergeist). La fotografia è discreta, e inoltre si capisce come l'insieme di scenografie (per quanto d'umore svilente e deprimente, al pari dei protagonisti) siano state curate da un reparto tecnico decisamente sopra la media. Ma è tutto l'insieme che non fila, a cominciare dalle musiche (in un paio di circostanze con liriche cantate da un novello Julio Iglesias), proseguendo con i dialoghi fino ad arrivare a personaggi che invece che evocare il dramma finiscono per apparire grotteschi (vedi l'incontro sul luogo di lavoro - un negozio di abbigliamento - tra Candela e la medium paralitica Lola, scena quasi fantozziana). La storia poi, sviluppata con ritmo flemmatico e lento, è un copia-incolla di quella spacciata per "realmente accaduta" alla famiglia Lutz, raccontata in cronaca nel 1975 e adattata al cinema per la prima volta quattro anni dopo (Amityville horror).
Malasaña 32, guarda caso, è sponsorizzato dalla distribuzione come titolo ispirato da un fatto di cronaca realmente avvenuto nel 1976, vittima la famiglia Olmedo (che poi sarebbe quella presente nel film). Evidentemente anche in Spagna, a suo tempo sui giornali come ora al cinema, hanno ritenuto interessante enfatizzare dettagli terrificanti spacciati per "veri" pressoché identici a quelli di Amityville; e dove collocare la casa maledetta se non in via Malasaña? Nome, foneticamente, più che appropriato. Il giovane Albert Pintó (classe 1985) è responsabile solo in parte di questo asfissiante e sfiancante lavoro che mai fa paura, essendo la sceneggiatura attribuita a ben quattro autori che, almeno in questa occasione, dimostrano di non saper affatto trattare la materia, finendo per scrivere un noioso e prevedivile horror sulla solita casa infestata, modellato malamente sulla falsariga del già citato Amityville horror (Stuart Rosenberg, 1979). La dinamica degli eventi segue pedissequamente il plot del film americano, realizzato oltre quarant'anni prima: insediamento dei protagonisti, contrasti interni tra i parenti, visioni indecifrabili e quindi finale immersione in un mondo dell'orrore dove la scienza cede posto all'assurdo con porte che sbattono, rumori, voci oltretombali, apparizioni e - più in genere - tutto l'armamentario poltergeist che ne deriva.
--- ATTENZIONE SPOILER ---
Per dire la verità, in questo caso la conclusione (lievemente in recupero) ci offre un quarto d'ora spettacolare con la medium paralitica in levitazione e un disvelamento scioccante sulla natura sessuale dell'identità spettrale: prima anima in pena transgender che reclama giustamente, dall'Aldila', accettazione (in famiglia, prima che nella società). A fronte di centoquattro minuti, più o meno quindici sono catalogabili come horror. La domanda, che resterà senza risposta, è una sola: se si voleva girare un film impegnato e con un messaggio potente (e condivisibile) sull'emancipazione trans, perché non realizzare un film drammatico? Invece di prendersi gioco di un pubblico che si attende un horror, sarebbe stato più onesto, e probabilmente anche migliore il risultato finale. La seconda opera cinematografica di Albert Pintó, in precedenza co-regista (assieme a Caye Casas) di Killing God (2017), avrebbe raggiunto le nostre sale il 29 ottobre 2020, se non fosse stata frenata dal Coronavirus, con un titolo decisamente improprio dato che il diavolo se ne è guardato bene dal prendere parte al film!
Nota: il dipinto di Goya, che compare brevemente tra le pagine di un libro, è il celebre "Saturno che divora i suoi figli".
"Non essere un peso, sii solo una regina,
se sei povero, o ricco,
nero, bianco, beige oppure di stirpe chola,
libanese o orientale.
Anche se la vita ti ha ferito,
emarginato, maltrattato o preso in giro,
gioisci di te stesso ed amati, perché sei nato così.
Non importa se gay, etero o bisessuale,
lesbica o transessuale,
sono sulla strada giusta, sono nato per sopravvivere.
E non importa se nero, bianco, beige
oppure di stirpe chola, o orientale,
sono sulla strada giusta,
sono nato per essere coraggioso."
(Lady Gaga)
Trailer
F.P. 27/10/2020 - Versione visionata in lingua spagnola (durata: 104'41")
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta