Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Sostenere che Claude Chabrol dagli anni Settanta abbia bene o male riproposto sempre lo stesso identico film non è un'eresia; anche in questo Il colore della menzogna, infatti, il regista ex Nouvelle vague non fa che dipingere un fosco ritratto della provincia benestante francese. Con il pretesto del giallo, come già accadeva in numerose altre pellicole, Chabrol approfitta insomma per indagare un'atmosfera e un contesto sociale che gli si confanno, quelli della media borghesia farcita di tic e imbottita di compromessi fino al ripiego nella criminalità, ma capace di continuare a sfoggiare il più sereno dei sorrisi di facciata. Fra realtà e apparenza, ovviamente, c'è una distanza incolmabile, ma forse anche inquantificabile: come la verità. In sceneggiatura Chabrol è affiancato da Odile Barski, anche qui nulla di nuovo; nel cast troviamo interpreti solidi ed efficaci come Jacques Gamblin, Vivianne Sterne, Valeria Bruni Tedeschi, Bulle Ogier e non manca neppure il classico ruolino per Thomas Chabrol, figlio di un regista che non si è mai vergognato - all'italiana, in sostanza - di 'tenere famiglia' (e infatti ancora una volta la colonna sonora è firmata da Matthieu, altro figlio, Chabrol). Fotografia vivace di Eduardo Serra, portoghese che aveva già lavorato nel precedente film del regista, Rien ne va plus (1997). 5,5/10.
Nel bosco vicino a una cittadina di provincia viene trovato il cadavere stuprato di una bambina. Tutti puntano il dito contro il maestro di disegno della piccola, ma le prove sembrano discolparlo; nel frattempo muore misteriosamente anche un giornalista del posto: il mistero si infittisce.
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