Regia di Ludovico Di Martino vedi scheda film
Leonida Riva è un ex-ufficiale dell'esercito; precedentemente impegnato in missioni speciali, ad altissimo rischio, in vari teatri di guerra, ha ricevuto insieme al congedo una pesante eredità : l'instabilità psichica e la fine della sua vita familiare. Benchè lo ami, la moglie lo ha lasciato perchè non lo ha ritenuto un buon padre. Il figlio maggiore lo odia, la figlia minore, di soli sei anni gli vuole bene. Un giorno, mentre era affidata al fratello, la bimba è oggetto di rapimento. La polizia avvia immediatamente le indagini; ma Leonida la precede, mettendosi sulle tracce di una banda di pericolosi trafficanti di esseri umani. Benchè i giudizi non fossero positivi, ero curioso di vedere questo film per l'interessante caratterizzazione del protagonista, inusuale per il nostro cinema e già vista (o letta) in prodotti d'oltreoceano. Questo è l'elemento che reputo meglio riuscito. Leonida Riva è un uomo tormentato; nel corso della narrazione, ne viene spiegato il motivo. Durante una delle sue missioni in Medio-Oriente finì prigioniero di una qualche fazione di guerriglieri che iniziò a torturarlo. La sua liberazione costò la vita a tutti i membri della squadra di recupero, e di ciò egli fece rimprovero agli alti ufficiali che organizzarono l'operazione, ma ad essi la cosa è sembrata non interessare. Pertanto, il protagonista rifiutò ulteriori incarichi ed abbandonò l'esercito, non riuscendo però ad adattarsi alla vita civile. Avendo rifiutato un percorso psicologico di reinserimento, è stato imbottito di psicofarmaci; ciò che lo aiuta è, tuttavia, alla fine della concitata vicenda, "ritrovare" la sua famiglia. I pregi, purtroppo, finiscono qui. L'interessante personaggio si trova al centro di una storia inverosimile. Poliziotti e malviventi sono poco credibili; i colpi di scena praticamente assenti, evoluzione ed epilogo più che prevedibili. Le molte sequenze d'azione sono state già viste e riviste. A poco vale la discreta prestazione di Fabrizio Gifuni nei panni del protagonista; a mio parere, il "vizio di fondo" risiede nella volontà di fare un film all'"americana". Questa scelta ha portato alla creazione di un protagonista di spessore - non altrettanto può dirsi dei comprimari, assolutamente stereotipati - e, purtroppo, ad un "appiattimento" della trama, ridotta ad un susseguirsi di scazzottate, inseguimenti, sparatorie, legate tra loro da un'illogicità di fondo, amplificata dalla consapevolezza che il tutto è ambientato in una qualche città italiana (le sequenze ambientare nell'Eurosky Tower lascerebbe pensare a Roma, ma la capitale non ha cantieri navali). Considerando che l'"italianità" dell'opera è limitata a nomi, veicoli, ambientazioni esterne, tanto valeva ambientare il racconto altrove; l'opera sarebbe sembrata meno inverosimile. Un po' un'occasione sprecata, peccato.
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