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La belva

Regia di Ludovico Di Martino vedi scheda film

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La recensione su La belva

di ilcausticocinefilo
4 stelle

 

Un’atrocità. E dispiace dirlo, dispiace davvero. Ma qui c’è veramente poco da salvare, pochissimo. Al di là della trama che oltre ad essere un puro pretesto ricorda una miriade di opere precedenti che è anche inutile star qui ad elencare (ma così tanto per lanciarsi in un unico confronto, diciamo pure che si tratta d’una sorta di Taken versione Belpaese, con tanto di inconcepibile retorica annessa, va da sé, per non farsi mancare nulla), è proprio la confezione in generale ad essere piuttosto “tirata via" (detta in maniera buona e magnanima...).

 

Più precisamente si potrebbe dire di trovarsi di fronte, in buona sostanza, ad una scontatissima “americanata all’italiana” [nuovo fantastico ossimoro?], e non nel vecchio senso del western, ma bensì nel senso della più diretta, sfacciata, pedissequa e in aggiunta sinceramente ridicola imitazione pantografica (sin dalla scelta del protagonista) di tutti i peggiori cliché dell’action movie hollywoodiano machista, fanfarone ed esagitato; con peraltro l’unica – notevole – differenza che in questo caso il film più che “esagitato” si rivela essere a conti fatti piuttosto involontariamente soporifero e “statico”, nonostante possa apparire un paradosso.

 

 

locandina

La belva (2020): locandina

 

 

L’azione, difatti, risulta persino arduo definirla tale, in quanto quando “compare” lo fa poco e male, per non dire malissimo. Ovvio si debbano tener nel debito conto le lampanti differenze in termini di budget intercorrenti tra una “piccola” produzione italica e per converso una mega-produzione multimilionaria americana, ma pur ciò concesso le coreografie dei combattimenti qui sono qualcosa di realmente, ma realmente imbarazzante, “senile” e irrealistico, a tal punto da rendere impossibile il pur minimo coinvolgimento, d’altra parte già fortemente inficiato da dialoghi, situazioni e personaggi tutti tagliati con l’accetta, monodimensionali se non addirittura talvolta fin quasi esilaranti loro malgrado.

 

Per dirlo in una battuta: per la miseria, ma se dovete ispirarvi a qualcuno o qualcosa, ma ispiratevi al cinema di Hong Kong, no? Lì non è che di norma maneggino budget molto più sostanziosi, eppure guardate che perle d’azione spesso e volentieri riescono a cavar fuori. E dai. Gli esempi ci sono, il problema è la capacità. Sarà insomma anche in qualche modo “apprezzabile” in astratto il tentativo di produrre qualcosa di nuovo nell’ambito dell’alquanto asfittico panorama cinematografico italiano, ma il risultato finale è insalvabile, e proprio non ce la fa ad elevarsi dalla mediocrità. Anche – e soprattutto, dato il genere – dal punto di vista tecnico.

 

 

Fabrizio Gifuni

La belva (2020): Fabrizio Gifuni

 

 

Di conseguenza – inevitabilmente – nel momento in cui anche questa possibile “distrazione” se si vuole “meramente epidermica” viene a mancare, a risaltare finiscono per essere tutti gli altri, numerosissimi, difetti dell’operazione, a partire da una sceneggiatura quasi inesistente e francamente spesso assurda in discendere sino alla totale assenza di pathos, pure nei momenti più “concitati”

(MINI SPOILER: vedasi la disfatta lampo del cattivo di turno, in uno dei “non-combattimenti” più agghiaccianti e piatti della storia del cinema: in sostanza, proprio quando pareva sul punto di diventare più interessante, il cattivo appunto, viene fatto fuori in un attimo e così eccolo lì che vola giù da un palazzo confermandosi in pratica una semplice sagoma di cartone semovente, profonda e tridimensionale, anche da un punto di vista semplicemente “fisico”, quanto un ectoplasma giusto un poco più a fuoco del normale… FINE MINI-SPOILER).

 

La recitazione appare poi piuttosto svogliata, alcune svolte vicine alla demenza sono fin troppo “convenienti” (vedasi la “divertentissima” parentesi ospedaliera, col piantone più geniale di sempre) e la retorica in una parola indigeribile. Siamo qui infatti – come già suggerito – dalle parti della più retriva e ridondante enfasi all’americana sfacciatamente traslata senz’alcuna vergogna su suolo italico, dunque condendo il film con tanto di abbondanti dosi di sottintesi reazionari e machisti (d’altronde pure piuttosto ridicoli e stravisti [tra il soldato {ovviamente, supponiamo, all’epoca “in missione di pace”} con sindrome post-traumatica e il solito vigilantismo da frotte di morti ammazzati {con tanto di complimento conclusivo da parte delle forze dell’ordine…}], e proposti senza alcun ritegno o “critica” di sorta, essendo il film un film di puro intrattenimento [va beh intrattenimento si fa per dire visti i risultati…]).

 

 

Fabrizio Gifuni

La belva (2020): Fabrizio Gifuni

 

 

Il culmine, per così dire, si raggiunge con la battuta finale di lui, “la belva”, che tutto sorridente risponde alla domanda “ma quindi hai fatto la guerra?con un “non una, molte”. Ah, ma bravo! Ma che minchia ti ridi? Quando si dice le cose di cui vantarsi, eh? Maronna, che lo facciano gli americani “pazienza”, ma anche da noi? Suvvia. Dai. Possibile che non si potesse inventare nulla di meglio? Invece di limitarsi a "regalare" al pubblico un orrido filmaccio di pseudo-azione, scopiazzato impunemente, retorico e urticante, nonché per di più incapace di gestire l’unica componente che apparentemente era interessato a mostrare, ovvero l’azione? Evidentemente no, non si poteva proprio fare di meglio. Che tristezza. E che disastro (al quadrato o forse addirittura al cubo).

All’attivo, per quel che vale, rimangono solo la buona fotografia cupa notturna e contrastata, e la convincente carrellata delle location scelte, a cominciare dal cantiere navale. Location che avrebbero meritato ben di più, di essere utilizzate molto meglio, da un film di ben altro livello. La belva invece è semplicemente da evitare, evitare senza rimpianti o ripensamenti.

 

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