La documentarista statunitense Heidi Ewing al suo primo film di finzione racconta la storia incredibile - sembra sceneggiata apposta per un film - di una coppia di amici. Utilizzando al meglio la tecnica documentaristica affinata in tante opere, il suo primo lungometraggio mescola con efficacia realismo e fantasia, crudezza e sentimento.
Le difficoltà incontrate da una coppia gay - Iván e Gerardo - nella provincia del Messico ancora conservatore e machista degli anni 90. Gerardo, di professione insegnate, sebbene segnato dai traumi dell'infanzia con un padre violento, sembra accettare con più serenità la propria identità. Invece Iván, aspirante cuoco, non è dichiarato ed ha un figlio che ha timore di perdere se l'ex moglie venisse a conoscenza della sua sessualità.
Tante difficoltà che pensa di superare con l'emigrazione- obbligatoriamente clandestina - negli USA. Oltre il rischio di perdere la vita nel corso del periglioso attraversamento del confine, Iván dovrà sperimentare la durezza della vita da migrante illegale, di nuovo, per un diverso motivo, costretto a nascondersi. Gli Stati Uniti daranno comunque a Iván l'effettiva possibilità di raggiungere il successo lavorativo, aprendo diversi ristoranti a New York che danno lavoro a oltre ottanta dipendenti. Ma non l'opportunità di regolarizzare la sua residenza, in virtù della sua origine fuori legge che non può essere sanata. Il cuoco riesce a farsi raggiungere da Gerardo a New York, ma la sua condizione continua a separarlo dal figlio, non potendo rientrare in Messico, col rischio di non essere più ammesso negli USA.
La parte finale, ambientata ai nostri giorni, ha l'impronta dell'esperienza da documentarista dell'autrice, che mette davanti alla macchina da presa i veri Iván e Gerardo nel ruolo di sé stessi, e l'opera da fiction diventa più simile ad un documentario, con un'interessante ibridazione di generi.
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