Regia di Ugo Liberatore vedi scheda film
Un giovane ingegnere italiano emigra in Germania in cerca di lavoro. Il razzismo dei tedeschi nei suoi confronti è talmente violento che l’uomo decide di vendicarsi alla sua maniera: seducendo e abbandonando quante più tedesche possibile.
Non è un capolavoro e non è neppure un film memorabile, se non per qualche battuta qua e là e forse per un finale sbrigativo e drastico che rimane impresso per la violenta, quasi inattesa risoluzione della trama; eppure Lovemaker (in seguito conosciuto anche come L’uomo per fare l’amore) è un’opera post-sessantottina abbastanza significativa, testimonianza di un’epoca e di una mentalità, realizzata da un regista non molto noto come Ugo Liberatore, alla sua terza firma. Tra luoghi comuni e personaggi abbozzati senza troppa convinzione, tra dialoghi da fotoromanzo e un erotismo all’acqua di rose, il film mette in scena una vicenda assolutamente realistica, ma dai toni enfatizzati oltremodo e quasi mai verosimili a tutti gli effetti; meglio sarebbe stato a questo punto trasformare la pellicola in una commediola erotica alla Buzzanca – e invece le pretese di verismo e di analisi sociale finiscono presto per annoiare e lasciare perfino perplessi. La sceneggiatura è stata scritta da Liberatore insieme a Fulvio Gicca Palli; tra gli interpreti si ricordano Antonio Sabàto, Yvonne Ten Hoff, Doris Kuntsmann, Christiane Krueger, Peter Kraus e Paola Natale. Se non si fosse intuito dai cognomi, trattasi di una coproduzione italo-tedesca. A dispetto della scarsezza di contenuti, nel cast tecnico spiccano i nomi di Armando Trovajoli per la (piacevole) colonna sonora e di Dario Di Palma per l’apprezzabile fotografia. 3/10.
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