Regia di Bryan Fogel vedi scheda film
Facendo leva sui filmati di repertorio e soprattutto sulle testimonianze di un giovane attivista arabo costretto a emigrare in Canada e della mancata moglie di Khashoggi, il documentario ricostruisce con certosina precisione la rete di connivenze, depistaggi e ridicoli errori che stanno dietro al tentativo di zittire la libera voce di Khashoggi.
Il 2 ottobre 2018 Jamal Khashoggi, il giornalista saudita di più larga fama a livello mondiale, entrò nell'ambasciata del suo Paese a Istanbul, per ottenere dei documenti per il suo matrimonio, senza più uscirne. Il lungo documentario di Bryan Fogel racconta i retroscena di quell'assurda vicenda, dalla quale il corpo di Khashoggi uscì letteralmente a pezzi, ricostruendo le responsabilità del mandante di quel barbaro assassinio, il principe Mohammad bin Salman, un feroce criminale che Matteo Renzi ha definito come "l'artefice del Rinascimento arabo". Facendo leva sui filmati di repertorio e soprattutto sulle testimonianze di un giovane attivista arabo costretto a emigrare in Canada e della mancata moglie di Khashoggi, il documentario ricostruisce con certosina precisione la rete di connivenze, depistaggi (impressionante l'uso dei troll reclutati dalla regia di Salman) e ridicoli errori che stanno dietro al tentativo di zittire la liberissima voce di un autentico praticante del giornalismo watchdog, assai critico verso lo strapotere della famiglia reale saudita. Se sul piano dei contenuti il documentario è encomiabile, su quello formale un uso più contenuto dei droni e di alcuni effetti da fantascienza nonché una minore minuziosità nella ricostruzione della vicenda avrebbero aiutato il ritmo del film, che subisce dei cedimenti in diverse occasioni.
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