Regia di Vincenzo Natali vedi scheda film
Un occhio si apre, la sua iride è profonda come un pozzo nero, l’uomo che è padrone dell’occhio si alza e si guarda intorno, un cubico ambiente bianco, che ricorda 2001 Odissea nello Spazio, lo circonda e la morte lo attende impaziente. I primi frammenti di Il cubo iniziano piuttosto bene e lo spettatore viene deliziato da sequenze semplici e colorate che affascinano a loro modo. Non fosse che prima del titolo di apertura, il regista decide di inserire una scomposizione del corpo umano al limite del trash quasi avvisandoci di ciò che andremo a vedere (?).
Dopo questi sprazzi di genialità iniziale, e di base, considerando che, c’è da ammetterlo, l’idea su cui ruota tutta la sceneggiatura è sensazionale, null’altro c’è. E anche quei calcoli matematici che all’inizio possono sembrare coinvolgenti, alla lunga diventano troppo complessi e contorti per una mente semplice o per la maggior parte di loro che vorrebbero solo seguire un film senza spolverare nozione di geometria, algebra o roba simile.
Due volte l’ho guardato per cercare di capire cosa ci potesse essere di tanto affascinante, considerando che le recensioni che trovavo in giro erano solo positive e comunque, anche alla seconda visione, non sono riuscita a trovare quel trasporto tale da permettermi di considerarlo un film memorabile. Tra la recitazione pessima della maggior parte degli attori, fatto salvo per Nicole de Boer e Andrew Miller, che interpretano rispettivamente la studentessa e l’autistico, e la ripetizione infinita di uno schema mai veramente chiaro che si complica fino alla fine, concludendosi con una soluzione ai limiti dell’ovvio che forse era stata suggerita fin dall’inizio.
Ignorando la considerazione della donna che ne viene fuori, pronta sempre ad urlare per ogni cosa che provoca spavento, a dispetto dell’uomo che resta invece sempre impassibile e pronto ad affrontare la situazione con coraggio, l’idea generale sembra buona ma pecca nello svolgimento che finisce per essere prolisso e complesso.
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