Regia di Elio Piccon vedi scheda film
Un bambino è combattuto tra il mentire in confessione e denunciare il fratello maggiore.
E' un film semplice, ma non disprezzabile. La trama propone una storia di microcriminalità di periferia romana, innestata nell'ambiente di una parrocchia con un prete che partecipa attivamente alla vita dei suoi parrocchiani. Tuttavia il tema principale è il problema del dire la verità anche se costa caro, anche se comporta il denunciare alla giustizia il proprio fratello.
Secondo me il esso è aperto e sviluppato bene, ma alla fine viene risolto in modo troppo frettoloso e semplicistico. Se infatti il tormento interiore del bambino è realistico, alla fine le conseguenze non sono del tutto coerenti, e viene dribblato il passaggio della confessione, sorvolando anche sul fatto che il ragazzino ha mentito e spergiurato. Insomma, un passaggio più preciso su questi punti ci voleva, e si poteva girare un finale più coerente e forse più impegnativo per i personaggi. In altre parole, non c'è il rigore e la coerenza di certi film di simile argomento di Augusto Genina.
Precisato questo, il film si lascia guardare volentieri, e il regista dimostra anche una certa inventiva nel piazzare la macchina da presa e nel comporre l'inquadratura. Alcuni personaggi sono piuttosto anonimi (come la madre), ma altri sono sbozzati niente male. Si pensi al terzetto di piccoli delinquenti (uno dei quali è l'eterno Carlo delle Piane): ognuno di loro è abbastanza credibile e descritto con piccoli dettagli che calzano. Carlo Campanini, con la sua bonomia, è un accettabile curato di borgata.
Un film parrocchiale d'accordo, ma non solo, e secondo me di indigesta melassa non ce n'è. E poi si sente un po' di odore di "Ladri di biciclette"...
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