Regia di Max Barbakow vedi scheda film
Presentato con successo in Italia al Festival di Roma dopo essere passato al Sundance Film Festival ed essere diventato un cult negli Usa (dove è disponibile sulle piattaforme in streaming Neon e Hulu), Palm Sprimgs di Max Barbakow è una sorprendente commedia romantica semplice ed essenziale con un richiamo fortissimo al Ricomincio da capo di Harold Ramis senza però la marmotta (ma in questo caso c’è una capra!), una storia bizzarra e folle come non poteva essere diversamente in quanto prodotta dal trio comico dei Lonely island formato da Andy Samberg (qui anche protagonista), Akiva Schaffer e Jorma Taccone, che ne hanno affidato il soggetto, ben lontano comunque dall’essere particolarmente originale, al giovane sceneggiatore Andy Siara che ha ammesso che lo spunto iniziale non è stato, come potrebbe sembrare, il film di Ramis ma piuttosto Via da Las Vegas (l’espediente fantastico del loop temporale infatti è arrivato dopo).
Ambientato durante le prove di un matrimonio nel quale, per uno scherzo del destino, uno degli invitati, Nyle (Andy Samberg), vi rimane intrappolato rivivendo per sempre lo steso identico giorno, in una risacca temporale (esistenziale?) che, bloccato nel loop e incapace (o invogliato?) di trovare una qualche via d’uscita, lo porta ad adattarsi svogliatamente a una vita priva di una qualsiasi evoluzione, sopravvivendo svogliatamente a una giornata sempre uguale e se stessa o privo di una fine (e quindi di uno scopo), senza pensieri ben conscio di come ogni giorno finirà sempre allo stesso modo e di come qualsiasi azione o evento, anche quello più drammatico, non avrà mai una qualche conseguenza.
A rompere la routine di un’esistenza senza un futuro sopraggiunge però la variabile impazzita di Sarah (Christin Miliotti), un’altra ospite del matrimonio che finisce erroneamente nello stesso loop di Nyle, sconvolgendone l’ordine e la routine prestabilita di un mondo distorto e bloccato nel tempo, rovesciandolo completamente.
Come fosse una cura al male di vivere di Nyle, la nuova entrata riuscire a smuoverne l’apatia (temporale ma soprattutto esistenziale) e a fargli desiderate di tornare ancora a vivere in quanto quel mondo falsato non riesce più a soddisfare quella nuova emozione che nel frattempo a finito di sopraffarlo.
Poiché la metafora del film si insinua nello spettatore lentamente, senza troppa fretta, e se il costante ripetersi di una quotidianità che ogni giorno deve essere costantemente ricostruita lascia spazio a diverse interpretazioni, da quella sul matrimonio (un po forzata) a quella sulla depressione e/o all’amore come antidoto alla quieta autodistruzione di una vita moderna troppo uguale a se stessa (e senza via d’uscita) quando in realtà è (per me) una scanzonata riflessione sul nichilismo e il senso di smarrimento contemporaneo, rivelandoci che c’è sempre un modo di scappare (specie se non si è soli) ed è sempre possibile ricominciare a vivere, anche rischiando, nel farlo, di finire a pezzi (metaforicamente parlando) ma che per ritrovare se stessi ne vale comunque la pena.
Ottima la chimica tra i due protagonisti, il debosciato Andy Samberg e la combattiva Cristin Miliotti, vero valore aggiunto alla pellicola e motivo principale del successo della pellicola igrazie a ruoli praticamente cucitigli addosso.
Nel cast anche J.K. Simmons, seppur in un ruolo marginale (e forse un po sprecato) ma efficace, e in ruoli minori Camila Mendes, Tyler Hoechlin. Meredith Hagner, Peter Gallagher e Chris Pang.
VOTO: 6
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