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Minari

Regia di Lee Isaac Chung vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Minari

di Gangs 87
7 stelle

Jacob ha un sogno: costruire la sua fattoria e coltivare prodotti coreani. Per realizzarlo è disposto a mettere in discussione ogni cosa, compresa la sua famiglia. Ma il destino avverso riserva per lui una prova difficile da superare che comporta una scelta inconcepibile.

 

Negli anni ’80 il sogno americano è stato il protagonista assoluto delle vite di molti di coloro che si sono trasferiti nel nuovo continente, e non solo. Le terre americane erano viste come un pozzo di opportunità e molti sacrificavano le loro esistenze annullando tutto quello che avevano pur di poter ricominciare altrove. La famiglia Yi non è da meno. Il capofamiglia Jacob è ostinato e convinto di poter avere di meglio, anche quando la moglie Monica, più concreta e disillusa, cerca di persuaderlo dallo sperpero dei loro risparmi e dal continuo attingere ai prestiti ai cui l’uomo si affida per avviare la sua attività, lui procede per la sua strada tamponando le proteste della consorte accettando la convivenza con la suocera.

 

Nel mezzo di questa bufera familiare, i più saldi e responsabili sembrano essere i figli della coppia: la primogenita Anne responsabile e accudente e il piccolo David, affetto da una malformazione cardiaca che ne condiziona la vivacità e la spensieratezza. Il bimbo è da subito in contrasto con l’anziana ed esuberante nonna Soon-ja, interpretata in modo così convincente da Youn Yuh-jung da meritarsi finanche l’Oscar, che “puzza di corea” ma di cui alla fine non vorrà più fare a meno e che, in un certo senso, rappresenta le origini dei Yi, il loro indissolubile legame con le radici.

 

Lee Isaac Chung dipinge un quadro dove il verde dei prati prima e del Minari dopo predomina; il verde della speranza, sentimento che accomuna tutta la famiglia Yi e di cui il Minari sembra essere il simbolo assoluto, che cresce ovunque, a prescindere da tutto, anche senza essere curato da alcuno.

 

La normale imperfezione in cui è avvolta la famiglia Yi, con le loro scelte discutibili ma sempre comprensibili, è la chiave di lettura con cui approcciarsi alla storia delle loro vite. La capacità di Lee Isaac Chung di rappresentarle con la naturalezza la normalità delle loro esistenze, scosse dagli eventi della vita che scorre è affascinante e finisce per essere il cordone che lega lo spettatore allo scorrere della narrazione, l’unico punto di presa che resiste per tutta la durata di una visione sommariamente piacevole ma non indimenticabile.

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