Regia di Dominic Cooke vedi scheda film
L’ombra delle Spie (originariamente The Courier adattato in italiano probabilmente per l’abitudine tutta nostrana di dover richiamare, per le nuove pellicole, il successo passato di altre, in questo caso Il Ponte delle Spie di Steven Spielberg) è una di quelle spy-story vecchio stile che ancora oggi a volte ritornano (al cinema), un classico che non muore mai e per quanto possa sembrare essere uscito da un romanzo di John Le Carrè in realtà é tratto da una storia vera accaduta negli anni’60.
Scritto da Tom O’Connor, alla sua terza sceneggiatura dopo Fire with Fire (2012) e Come ti ammazzo il bodyguard (2017), The Courier é un film vecchio stampo estremamente solido ed estremamente "british", molto tradizionale nell’impostazione nonché privo di eccessivi fronzoli costruito su una storia dal forte appeal storico ma soprattutto su una serie di ottime interpretazioni, a partire da quella del suo (assoluto) protagonista Benedict Cumberbatch.
Il regista inglese Dominic Cooke procede quindi in maniera filologica e con una narrazione estremamente classica, con ricostruzioni d’epoca impeccabili e un’atmosfera opprimente e tesa, anche grazie a una fotografia con una patina plumbea che tendiamo storicamente ad associare all’Unione Sovietica di quegli anni, e un’assunto di stampo molto hitchcockiano con un uomo qualunque trascinato in una Storia (in questo caso proprio con la S maiuscola) molto più grande di lui ma comunque piuttosto modesto negli esiti artistici, figlia di una concezione stanca del genere e costruito su un mero accadimento di fatti ed eventi in successione ma limitata alla sua dimensione puramente estetica, e dall’insipidezza della sua scrittura per un compitino ben fatto ma che non supera però la sufficienza..
Oltre a Benedict Cumberbach la pellicola può giovarsi, come coprotagonista, anche dell’attore georgiano Merab Ninizde nel ruolo di una spia russa piuttosto anticonvenzionale, empatico e socievole (amabile?) anche più dello stesso protagonista.
E seppur il film sia costruito su misura sui due personaggi maschili (tanto da scivolare a volte nell’agiografia riguardo al personaggio di Cumberbach) riesce comunque a dare spazio anche a due ottime e promettenti attrici come l’americana Rachel Brosnahan (The Marvelous Mrs. Maisel), in un ruolo piuttosto inedito per lei, e l’irlandese Jessie Buckley (Chernobyl, Sto pensando di finirla quì), attrice capace di mimetizzarsi in ogni ruolo tanto da sorprendere in ogni nuova parte, in questo caso in un’interpretazione misurata ma, nonostante il minutaggio esiguo, di gran classe.
VOTO: 5,5
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta