Regia di Jeff Baena vedi scheda film
Sulle divagazioni di una narrazione che mette in campo situazioni e personaggi fuori quadro o senza sbocchi, prevale il senso sottile di un disagio umano che ribalta il consueto ordine tra realtà e apparenza con cui in genere guardiamo al disagio mentale : non spia di una insanabile patologia, ma risorsa di una insospettata capacità di astrazione.
La vita della timida e impacciata Sarah, scandita dalla grigia routine lavorativa in un negozio di casalinghi e dalla passione mai sopita di ex cavallerizza non praticante, viene sconvolta dal sonnambulismo e da inspiegabili esperienze oniriche. La sua inesorabile deriva psicotica viene ulteriormente aggravata dalle ipotesi razionali che mette in campo per giustificare gli inquientanti fenomeni che la ossessionano.
Alieni, zumba e ippoterapia
Con una variante sul tema ed in perfetto stile Douplass Brothers, la coppia Alison Brie-Jay Duplass, sbilanciata nel protagonismo della prima, sembra sostituire quella Aubrey Plaza-Mark Duplass (Safety Not Guaranteed) dove a prevalere era il secondo, nella ideale staffetta di un cinema indipendente che indaga, con amara ironia ed uno stralunato gusto del grottesco, i retaggi ancestrali di una tara familiare e gli strascichi dolorosi di un vissuto tragico (genitori assenti, incidenti d'infanzia) quali forze imponderabili in grado di plasmare personalità fragili e irrisolte votate alla solitudine sociale ed alle fantasticherie della psiche. La tesi centrale alla base del racconto resta comunque la schisi insanabile che separa il pregiudizio che grava su personalità borderline che autoalimentano le proprie ossessioni nei rituali autistici di attività razionali (la costruzione di una macchina del tempo, la formulazioni di ipotesi fondate per quanto improbabili) dalla remota possibilità che il pensiero magico che ne è alla base possa nascondere un fondo di verità: il torrente di luce che inonda l'epifania finale è in entrambi i casi la simbolica rivalsa di una ideazione illuminante e l'affrancamento da quelle restrizioni culturali che imprigionano i due protagonisti nella gabbia dorata del loro isolamento domestico. La nostra fragile protagonista (una Alison Brie da cui promana una sensualità dimessa e repressa) sembra sbagliare tutte le mosse nei rapporti con gli altri quanto fare congetture assolutamente azzeccate sull'origine e sulla natura dei suoi disturbi: una timida ma determinata indagatrice dell'incubo che incurante dei cliché in cui sembrano scadere le sue supposizioni (cloni, abduzioni aliene), mette in fila gli indizi materiali di cui dispone ("Lei mi ha mai visto prima?" chiede ai suoi due immemori e assonnati compagni di sventure) per costruire un modello sperimentale che non manca di mettere alla prova, cercando di riesumare il corpo della nonna o riproducendo le condizioni iniziali del rapimento originale (con tanto di mise anni '20 e acconciatura rétro) da cui immancabilmente far discendere (come nell'altro titolo citato) la natura ingannevole e liquida della memoria e dello stesso tessuto temporale (non il clone della nonna, ma la nonna stessa!). Sulle divagazioni di una narrazione che mette in campo situazioni e personaggi fuori quadro o senza sbocchi, prevale comunque il senso sottile e inquietante di un disagio umano che ribalta il consueto ordine tra realtà e apparenza con cui in genere guardiamo al disagio mentale (non spia di una insanabile patologia, ma risorsa di una insospettata capacità di astrazione), sovvertendo il consueto paradigma del dramma psicologico che vuole nella manifestazione di fenomeni mistici la matrice puramente ingannevole di una soggettività alienata; il cinema insomma si riprende il primato troppo spesso usurpato dal modello più vieto del film di genere, confermando la natura arbitraria di una verità liberatrice che solo il coraggio di una produzione veramente irriverente e indipendente (quasi, visto che distribuisce Netflix) ha la sfrontatezza di condurre alle sue estreme conseguenze ad onta del ridicolo.
"Una volta eliminato l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità."
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