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La vita che verrà

Regia di Phyllida Lloyd vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La vita che verrà

di alan smithee
4 stelle

locandina

La vita che verrà (2020): locandina

FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - SELEZIONE UFFICIALE

Sandra è una moglie e madre trentenne, vittima di un compagno sadico e violento che non perde occasione per picchiarla senza freni.

Riuscita a fuggire dalla furia dell'uomo con la collaborazione delle figlie ancora bambine, in attesa di risultare aggiudicataria di un alloggio in cui crescere le bambine, si divide tra la stanza d'hotel che i servizi sociali le forniscono provvisoriamente, ed i due umili lavori con cui cerca di andare avanti, assicurando un futuro alla propria prole.

Clare Dunne, Molly McCann, Ruby Rose O'Hara

La vita che verrà (2020): Clare Dunne, Molly McCann, Ruby Rose O'Hara

Clare Dunne, Molly McCann

La vita che verrà (2020): Clare Dunne, Molly McCann

Un giorno, quasi per gioco, scopre su internet che un esperto edile ha un sito in cui spiega come costruirsi in economia una propria casa.

Beneficiata da una inaspettata donazione di un terreno da parte della padrona di casa che ella assiste come colf, Sandra cercherà di trasformare il suo sogno in realtà, scoprendo di poter contare su una straordinaria solidarietà da parte di conoscenti e vicini disposti ad aiutarla per il solo piacere di farlo, disinteressatamente, ma anche senza troppo tener conto, incautamente, della follia senza rimedio del suo violento ex compagno.

Harriet Walter

La vita che verrà (2020): Harriet Walter

Conleth Hill, Clare Dunne

La vita che verrà (2020): Conleth Hill, Clare Dunne

Per la regia di Phyllida Lloyd, divenuta celebre al cinema portando sugli schermi Mamma mia, dalla omonima arci nota canzone degli Abba, e poi col biopic sulla Thatcher, ovvero The iron lady, Herself non si fa scrupolo di strizzare l'occhio, con sconsiderata scaltrezza al pubblico, creando situazioni strumentali per provocare facile indignazione e sconsiderato afflato nei confronti di una protagonista eroina, circondata da esempi di tolleranza e aiuto reciproco senza fini di lucro che si rivelano encomiabili, quanto sin troppo teorici e costruiti a tavolino per assecondare un oubblico particolarmente attirato dal facile buonismo.

Il tutto al servizio di una commedia di impegno civile di indubbio gran ritmo, quello che non è mai mancato alla Lloyd, ma che annega inevitabilmente tra i flutti melmosi di una retorica senza scampo, e di un "volemosebene" consolatorio senza ritegno.

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