Regia di Phyllida Lloyd vedi scheda film
UNA CASA DA SOGNO--L’antico assioma per cui contro le sventure dell’umanità l’unico rimedio è la solidarietà fra indifesi, viene declinato dal cinema realistico degli anni 80’, il cui maestro indiscusso resta l’inglese Ken Loach, nello scontro fra la working class e uno Stato volto più a sostenere i forti che gli umili. Si tratta per lo più di ritratti di uomini e donne tenaci nel sostenere eroiche battaglie prive inizialmente di speranza: l’utopia è il loro trionfo reso possibile dall’aiuto e dalla comprensione dei loro affini, vittime del progresso. “ La vita che verrà-herself” dunque, in linea con una tendenza realistica presente nel cinema d’Irlanda contemporaneo, propone le peripezie di una donna della pulizie con due figlie a carico, costretta a fuggire da un marito alcolista e violento: obbligata dal sostegno statale alla stanzetta di uno squallido albergo, tenta la titanica impresa di costruirsi con le sue stesse mani una casa in un giardino donatagli da una generosa dottoressa. La regista Phyllida Lloyd tenta una strada diversa rispetto alle sue precedenti opere quali Mamma mia e The Iron Lady, nella quale però è sempre la figura femminile a doversi formare muscoli di ferro, per poter emergere in un universo sostanzialmente diffidente. La Sandra del film però non è Margaret Thacher, è tutt’altro che una vincente: è infatti contro le sue stesse fragilità e i suoi stessi traumi che deve lottare e la minaccia di esserne schiacciata è presente fino alla fine. Niente di sorprendente certo: lo stile asciutto è adeguato al tema, luoghi comuni fanno da sufficiente riempitivo per il plot, le performance degli attori sono godibili, ma resta una domanda: davvero, se si hanno amici disponibili, ci si può fare una casa da soli?
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