Regia di Rodrigo Garcia vedi scheda film
"-Mamma, da quando credi in Dio?
-Da quando non crederci non funziona..."
Il giorno in cui alla porta della matura estetista e massaggiatrice Deb si presenta, in condizioni devastate, la figlia trentenne Molly, per la donna significa solo il ripetersi di un incubo che da oltre dieci anni la assilla e l'ha portata alla soglia dell'esaurimento.
Comprendiamo subito che Molly è una tossicodipendente recidiva, ed incapace di trovare quella forza interiore che la spinga a smettere definitivamente e la induca a ricominciare a vivere, dopo aver perso opportunità e famiglia.
Comprendiamo altresì come la tossicodipendenza che l'ha ridotta ad una sbiadita maschera di se stessa, abbia avuto origine a causa di un antidolorifico somministratole senza molta oculatezza da un ortopedico superficiale a causa di una frattura quando la ragazza frequentava ancora, con estremo profitto, le scuole superiori, poi abbandonate.
Nonostante la risolutezza di Deb a lasciar fuori di casa una figlia che l'ha già derubata più volte, umiliata e delusa, oltre che distrutta fisicamente e psicologicamente, alla fine la donna cede alle suppliche della figlia e, quando la accompagna in un centro di disintossicazione ed un dottore le avvisa che esiste una cura che, tramite una iniezione da somministrare a fisico “pulito”, riesce a liberare il soggetto dalla dipendenza con un effetto lungo oltre un mese, ecco che le due donne ritrovano un'intesa per superare quei fatidici quattro giorni che permetteranno alla tossicodipendente di procedere ad effettuare quella importante e rivoluzionaria cura.
Saranno quattro, ma in realtà anche più di quattro giorni di passione, di sofferenza, e di un serrato confronto tra due donne estremamente legate l'una all'altra, ma divide da una sciagura devastyante come è la dipendenza da stupefacenti,
Da un articolo del Washington Post di Eli Saslow, a sua volta ispirato dalla vera e drammatica storia di vita di Amanda Wendler e Libby Alexander, Quattro buone giornate, prodotto da Jon Avnet, ricongiunge per la quarta volta il regista colombiano Rodrigo Garcia con la grande diva Glenn Close, dopo alcuni film corali come l'intenso Le cose che so di lei, il drammatico 9 vite di donna, il trasformista Albert Nobbs.
Specializzato in storie con al centro figure forti ed incisive di donne, Garcia dirige con professionalità un film che non brilla per qualità tecniche particolarmente evidenti, ma si fa forza anche stavolta sulla verve e sull'energia della bravissima Close, impegnata a cesellare un'altra straordinaria figura di donna tenace, ma anche estremamente umana e sensibile.
La affianca, con una lodevole prestazione che convince sia per trasformismo sia per tenuta drammatica, una ispirata Mila Kunis, protesa con successo a rendere credibile un personaggio che, lasciato un po' troppo in balia di se stesso, avrebbe probabilmente rischiato di scivolare nel ricattatorio, se non proprio caricaturale.
Per quanto sorretto da struttura piuttosto convenzionale, non dissimile a prodotti mediamente televisivi un po' usa e getta, Quattro buone giornate ha il merito di essere sorretto da una sceneggiatura che evita facili ricatti melodrammatici, attenendosi ad un realismo che riesce a focalizzare piuttosto verosimilmente l'incubo di una dipendenza che genera derive esistenziali difficilmente dirimibili.
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