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The Night House - La casa oscura

Regia di David Bruckner vedi scheda film

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La recensione su The Night House - La casa oscura

di mck
7 stelle

My Architect.

 

 

Rebecca Hall in Alta Definizione:
- “A Rainy Day in New York” (Woody Allen, 2019) - ripudiato [con la marea montante del (dis)"senno" di poi]
- “the Night House” (David Bruckner, 2020)
- “Tales from the Loop” (Nathaniel Halpern, 2020)
- “Passing” (Rebecca Hall, 2021)
- “Godzilla vs. Kong” (Adam Wingard, 2021)
- “Resurrection” (Andrew Semans, 2022) 

 


The Night House”, l’opera seconda nel lungometraggio di David Bruckner girata dopo cortometraggi, segmenti di film antologici, episodi di serie tv e l’esordio di “the Ritual” e scritta dai Ben Collins & Luke Piotrowski di “Sirens” (l’espansione, diretta da Greg Bishop, di “Amateur Night”, il capitolo firmato da Bruckner stesso contenuto in “V/H/S”), “Super Dark Times” (Kevin Phillips) e “Stephanie” (Akiva Goldsman), s’inserisce nel solco della pista tracciata dai vari (di seguito elencati più o meno in ordine tanto cronologico di uscita quanto di riuscita qualitativa) “the Invisible Man” (Leigh Whannell, 2020), “Lucky” (Natasha Kermani, 2021), “Violation” (Madeleine Sims-Fewer & Dusty Mancinelli, 2021), “Zebra Girl” (Stephanie Zari, 2021), lo stesso “Resurrection” (Andrew Semans, 2022) e “Men” (Alex Garland, 2022), mentre Promising Young Woman” (Emerald Fennell, 2020) da questo PdV è un revenge in purezza, e s’attesta a mezza via: abbandonato, alla fine, qualsiasi tentativo da parte dello spettatore di poter ricostruire una parvenza di canovaccio che riassuma cronologicamente gli avvenimenti e i loro legami e rapporti di causa-effetto, si rimane comunque avvinti dall’ottima prova attoriale di Rebecca Hall (e con lei Stacy Martin, Sarah Goldberg, Vondie Curtis-Hall ed Eavn Jonigkeit) e da questa sorta di sesquipedalico coacervo in vasto assortimento di belluria (nell’accezione propriamente antifrastica del termine) dissennata: horror, sì, ma pur sempre belluria, eppure... non irritante, e addirittura gradevole: sicuramente superiore al lineare “the Invisible Man” ed inferiore al più apertamente militante Men, in realtà non è preminentemente un’opera - fotografata da Elisha Christian ("Columbus"), montata da David Marks ("the Last Black Man in San Francisco", "WindFall") e musicata da Ben Lovett ("Sun Don't Shine", "the Wind", oltre che collaboratore di sempre di Bruckner) - in zona #MeToo, o almeno e tuttalpiù lo è parimenti tanto quanto appartiene al sottofilone del Near Death, con echi voodoo-hellraiseriani (il successivo film di Bruckner sarà poi il reboot o, meglio, il secondo adattamento del romanzo di Clive Barker, sceneggiato ancora da Collins & Piotrowski) e flebili accenni torture-arty à la “Under the Skin” (e apparizioni notturne riconducibili proletticamente al “Thérèse” di Corbet/Hawke) in un’atmosfera “abitata” da Hodgson, Lovecraft, Poe, Blackwood, Bierce...

 


Così come lo pseudo-labirinto tracciato dalla mezza spirale interrotta, invertita e ripetuta di una caerdroia NON è, per l’appunto, un labirinto, essendo uni-cursale/viario, ecco che “the Night House” non è un film ricostruibile (multiverso, aldilà, doppelgänger, speculum, serial killer, suicidi di gruppo, passaggi in-fra/ter-dimensionali...), e al suo confronto il cinema di Benson & Moorhead è l’emblema della Logica, ma nonostante ciò non ci si sente (troppo) turlupinati.

 

 

My Architect!

 


* * * ¼     

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