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Possessor

Regia di Brandon Cronenberg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Possessor

di axe
6 stelle

Tasya Vos è una assassina su commissione; lavora per una misteriosa organizzazione, la quale organizza gli omicidi sfruttando una tecnologia che consente di controllare i corpi di altri individui. "Annichilendo" le intelligenze che ne animano i corpi - le quali sembrano pur vigili, benchè incapaci di opporsi - Tasya manovra persone vicine o legate alle vittime predestinate, per portare a termine le sue missioni di morte. Di lì a poco, anche la vita dell'individuo posseduto ha fine, a causa di suicidio indotto o esposizione alla reazione di terzi. Tra un incarico e l'altro, la killer è sottoposta a rigidi test, al fine di verificarne la tenuta mentale e la fedeltà all'"azienda". In un'occasione mostra segni di cedimento; non uccide come le era stato chiesto, e, durante i successivi controlli, rivela "improvvida" umanità, giungendo a voler vedere l'ex-marito ed il figlioletto. L'uomo, all'oscuro della reale occupazione della donna, le propone di tornare a vivere in famiglia; Tasya non si esprime, ma si lancia nella missione successiva, molto complessa. Dovrà impossessarsi del corpo di Colin Tate, e, dopo aver creato un movente, uccidere la compagna Ava ed il di lei padre John, imprenditore senza scrupoli a capo di una società di data mining, che trae guadagni insidiando la privacy delle persone. Sin da subito la personalità di Colin interferisce con l'azione di Tasya, la quale, portato a termine l'incarico, trova estrema difficoltà nel liberarsi del suo involontario ospite. Trama di fantascienza, messa in scena decisamente horror, per questo film diretto da Brandon Cronenberg, figlio di David Cronenberg, maestro nei due generi. Il giovane regista canadese ambienta la vicenda in un mondo spietato, popolato di personaggi avidi, sgradevoli, amorali; i pochi dotati di buoni sentimenti sono destinati ad una fine sanguinosa a causa di trame o dinamiche messe in moto da altri. D'indubbia ispirazione paterna, l'ossessiva attenzione per i corpi. La lotta per il loro controllo da parte delle due personalità è rappresentata mediante un loro continuo riplasmarsi; sono, inoltre, oggetto di accanimento durante le azioni violente dei personaggi. Ciò che colpisce di più è la piega che la sceneggiatura conferisce agli eventi; rifuggendo un plausibile esito positivo, coincidente con una redenzione della protagonista Tasya, resa possibile dalla buona accoglienza ricevuta da parte di moglie e figlio, unitamente alle "crepe" nella propria determinazione, le quali potrebbero essere allargate dalla condivisione della donna con lo spirito e le conoscenze di Colin, sinceramente amato da Ava anche se "corrotto" da Reeta, amante impudica e volgare, il regista sceglie l'esito peggiore. Le personalità di Colin e Tasya si combattono all'interno del medesimo corpo massacrando innocenti, fino alla "vittoria" della donna, la quale, libera da tentazioni e condizionamenti, sarà un'assassina ancor più determinata. Discrete prestazioni per Andrea Riseborough, nelle vesti della fredda Tasya, la killer del cui passato sappiamo poco; il suo distacco potrebbe essere aiutato dall'assenza di contatto diretto con il sangue ma è comunque incredibile come sappia rimanere estranea ai sentimenti delle persone che manovra e/o uccide. Colin Tate è interpretato da Christopher Abbot. Sean Bean è lo spregiudicato John Parse, imprenditore privo di scrupoli nella gestione della sua società e, senza dubbio, della stessa vita. Movente di tutto è l'avidità; l'attività di data mining, violando costantemente l'intimità delle persone sfruttando dispositivi elettronici ormai presenti in ogni abitazione, genera ricchi profitti; c'è chi ha ancor meno scrupoli del titolare e vuole esserne l'unico beneficiario. Dall'altro lato, c'è l'organizzazione presso la quale lavora Tasya. Anche tra i suoi membri, nessuno scrupolo. Dietro ricco compenso, offrono il loro prodotto, la morte, con estreme efficienza e professionalità. Un deserto morale, il cui deprimente rivelarsi è in linea con colori spenti, atmosfere stranianti di interni spersonalizzati, strumenti tecnologici minacciosamente onnipresenti. Il montaggio è frenetico. Lo scontro tra personalità ed i momenti di maggior concitazioni sono accompagnati dall'alternarsi di sequenze allucinatorie anche di pochi fotogrammi. Scorrono litri di sangue, a testimonianza di una violenza fisica, che comunque è nulla rispetto quella psicologica. Aspirazioni a vite normali, insieme a sentimenti ed emozioni sono spazzate via dall'incalzare degli eventi. Un film duro, spiazzante, pessimista, poichè è in parte ispirato ad un'ipotesi di sfruttamento malizioso delle ultime tecnologie entrate nella nostra quotidianità. Brandon Cronenberg mostra di saper ben seguire le orme lasciate dal padre.

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