Regia di John Krasinski vedi scheda film
E adesso ci servono solo i ripetitori di Radio Maria e i sub-woofer di Pimp My Ride.
“A Quiet Place - Part II” risolve - beh, più o meno, e dai, suvvia - gli errori (noia dovuta ad inceppamenti, stalli e ripetizioni “d’atmosfera” nella narrazione: ma ecco che, per inciso, a latere, in camera caritatis, alla fine, cioè all’inizio, non c’è un chiodo che scaccia il chiodo, e il “famoso” chiodo che spunta dal gradino in legno ha il suo attimo di gloria comparendo nel post-prologo: tanto di cappello per la coerente tigna nodoso-metallica) del primo capitolo (capitolo che con quegli stessi errori ha moltiplicato per 16 volte al box office il budget inizialmente investito, portando i costi di produzione di 22 mln di $ spesi a fruttarne una contropartita di 350), ed infatti ecco che dai milioni di verdoni questa volta impegnati dalla produzione, saliti ad un peculio di 60, non se ne sono ricavati, per ora, e contestualizzando il tutto all’anno (202)1 d.C. (dopo Covid), “altro che” 280, capitalizzandone in rapporto molti meno, vale a dire poco più, per ora, di 4 volte e mezza il gruzzolo di fondi sborsati: la… ehm… qualità non paga… M’appaga!
Quindi, in… soldoni: se questo seguito diretto, questo pseudopodo immediato, che da una parte riprende gli eventi un attimo dopo là dove s’erano “conclusi” (e che a sua volta e per sua natura di puro anello di congiunzione - e ben poco altro - messo a collegare la 1ª con l’eventuale, quasi certa, 3ª parte, si “chiude” di netto rimanendo spalancato, serratamente aperto) precedentemente e dall’altro lato torna indietro di una manciata di minuti rispetto al principiar della volta scorsa per inserire, accavallandosi con straniante curatela, la presentazione di un nuovo - l’unico, a parte un ruolo secondario per Djimon Hounsou, una particina per Wayne Duvall (visto recentemente in “the Hunt”e “WereWolf WithIn”) e una luciferina comparsata di Scoot McNairy (“Monsters”, “Fargo 3”, “GodLess”, “True Detective 3”, “Once UpOn a Time… in HollyWood”) - personaggio principale [Cyllian Murphy, che si divide la scena con la giovane e brava Millicent Simmonds (“WonderStruck”), mentre Emily Blunt fa il suo lavoro e John Krasinski (anche in quest'occasione autore della sceneggiatura, comprensiva dello stereotipo del fanciullo usato come esca e arma dai cattivi, che ad ogni modo funziona) ri-compare all’inizio auto-dirigendosi in dignitose carrellate disposte in classica scioltezza] e per dirci di straforo che qualcosa di brutto ha colpito anche Shanghai, nel prologo blocca diegeticamente una preghiera in corso (che immagino per gli U.S.A. conti come provocazione quanto valgono come tale i bestemmioni urlati in “l’Ora di Religione” per l’Italia), extradiegeticamente, man mano e via via, e poi a cose fatte, blocca un altro bestemmione sul nascere: il mio, che evidentemente ho ceduto (ai miei personali propositi del “Ma perché mai dovrei sorbirmelo?”) e me lo son puppato tutto quanto.
Ché sì, ecco, m’è piaciucchiato più del primo, questa “rutilante”… “variazione” (aka: riproposizione grammaticalmente copia conforme) sul tema [che cambia molti importanti componenti della crew tecnica – la fotografia è di Polly Morgan (“Legion”, “Lucy in the Sky”) e il montaggio di Michael P. Shawver (“Black Panther”) – mantenendo alle musiche l’ottimo stakanovista e sempre più lanciato Marco Beltrami (la saga di Scream, Cursed, Mimic, HellBoy, the Three Burials of Melquiades Estrada, the HomesMan, the Hurt Locker, In the Electric Mist, World War Z, SnowPiercer, Velvet Buzzsaw, UnderWater, Love and Monsters)], questo film-biadesivo atto a tenere insieme il 1° con l'altamente probabile 3° capitolo [più l’auspicabile (?) spin-off a cura del Jeff Nichols di “Take Shelter” (!), fermo oramai da un lustro dopo “MidNight Special” e “Loving” e la produzione di “In the Radiant City”], quest’epitome del “A Piedi Scarzi” e del Montaggio Parallelo Alternato in Sincronia Concentrazionaria come non ci fosse altro modo al mondo di raccontare una storia action-horror (ché magari Krasinski sa fare, registicamente, bene solo una cosa, e quella fa, eh) e quasi nient’e null'altro: insomma, manco un'ora e mezza che sembra un quarto d'ora (del tipo che “the Walking Dead” ci avrebbe impiegato 3 stagioni per raccontare gli eventi accaduti in 'sto film, per dire) in totale relax.
- - - - - INIZIO SPOILER: Shhh! - - - - - Se ce l’hanno fatta le Testuggini, le Iguane e i Pinguini equatoriali delle Galapagos ad attraversare su zattere di sfagno un largo braccio d’Oceano Pacifico abbandonando il Sud America, oh!, Sud America, tre milioni di anni fa per approdare sull’arcipelago che omonimizzeranno tramite il vescovo de Berlanga nel 1535, figuriamoci un po’ se ‘sti cosi (via di mezzo fra quelli ipogei, autoctoni e più piccoli - ma volanti - di "the Silence" e quelli alloctoni e di dimensioni simili di "the Tomorrow War") stupidi e "famelici" (più che come locuste, però, come gatti - o umani - che si divertono a squartare: da quel che si assiste sembra che il cibarsi sia un sottoprodotto dell'ammazzare dilaniando) che se gli sputi li affoghi… eccetera eccetera… - - - - - FINE SPOILER - - - - -
E adesso ci servono solo i ripetitori di Radio Maria e i sub-woofer di Pimp My Ride.
* * * (¼) - 6.25
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Però, comunque, “chiamatemi pazzo, chiamatemi pure visionario” (cit.), ma nun ce provà, loco sciallo (quieto posto, ché sciallo loco sona male), che ce lo sai pure te: il vero A Piedi Scarzi è ‘n antro!
-I-
-II-
-III-
E pure co’ ‘e musiche de PierMaria CazzaMari, dico!
Per i barbari zozzoni d'oltre Tevere, d'oltre Mura, o financo, ma sì, daje, famo d'oltre GRA, oppure, senti ’n po’ che te dico, pure d'oltre Lazio, e salviamoli ’na volta tanto ’sti burini: “I”, “II” e “III” so’ numeri romani e stanno pe’ 1, 2 e 3.
Ma quanto fa’ ride’ er dialetto romano. Oh: sempre, eh. Sempre. Matte risate. ‘Gni volta. ‘N ze scappa.
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