Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Si comincia con quello che sembra solo il lavoro di routine di un investigatore privato, il pedinamento di una coppia d’amanti su incarico del marito di lei; ma basta che dalle registrazioni dei loro discorsi emerga una frase (“ci ammazza, se glie ne diamo l’occasione”) per stimolare i sensi di colpa di Harry Caul, che già sente pesare sulla coscienza tre morti: la storia rischia di ripetersi? La vicenda si sviluppa in un modo passibile di spiegazione razionale, ma il fatto è che da un certo punto in poi non siamo più sicuri di nulla di ciò che percepiamo attraverso il punto di vista di Harry: un personaggio sociopatico, che non vuole o non sa avere rapporti normali con le persone (esemplare l’unica scena con Teri Garr, relegata in una garçonniere e tenuta all’oscuro di tutto) e si è ridotto a essere un orecchio che ascolta per conto altrui. Il film interpreta benissimo il clima di paranoia dell’America post Watergate, ma non si appiattisce sull’attualità: a rivederlo oggi può anche essere letto come una parabola cupamente profetica sull’uomo prigioniero di una tecnologia sempre più sofisticata. Grande finale, che mette in contrasto due interni: la stanza di un motel perfettamente ordinata, dove (forse) è stato commesso un omicidio, e un appartamento fatto a pezzi, dove Harry si è chiuso a suonare il sassofono per non uscirne mai più.
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