Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Intenso al limite del morboso, lento ogni oltre aspettativa, dai dialoghi rarefatti; la caratterizzazione del protagonista Harry Caul, per cui “conversazione” fa rima con “ossessione”, è in itinere per tutta la durata del film, non definendosi mai del tutto, nemmeno all’ultima scena. Su queste peculiarità si regge “La conversazione”, atipica pellicola di Francis Ford Coppola, il quale, accantonato lo sfolgorante successo de “Il padrino”, riversa le sue attenzioni in un progetto del tutto differente rispetto ai suoi più grandi successi: meno sfarzoso, più intimista, meno votato alla coralità. L’autore coltiva questi intenti prestando grande attenzione alla tecnica di ripresa: da questo punto di vista il film è un vero trattato, in cui s’alternano continuamente movimenti di macchina ed equilibrio tra i piani, secondo un modus quasi depalmiano (si veda l’intro in campo totale sulla Union Square). Ben presto però i tecnicismi si diradano, concentrandosi principalmente sui contenuti della vicenda.
Le tematiche (lo spionaggio, le intercettazioni, la presa di coscienza delle conseguenze del proprio operato) sono decisamente attuali, rese ancor più accattivanti da una collocazione temporale antecedente l’avvento dei computer (“La conversazione” sarebbe tra i film più irrealizzabili al giorno d’oggi); proprio quest’alone vintage fatto di apparecchiature analogiche, pulsantiere, pomelli a scatto, rappresentano un magnifico valore aggiunto ad un tema già di per sé affascinante.
Memorabile la composizione del cast, a partire da un Gene Hackman perfettamente calato nel ruolo, ad una delle sue migliori prove in carriera, proseguendo con John Cazale, come al solito in un ruolo ambiguo ed altrettanto usualmente perfetto, per finire con Robert Duvall (stranamente non accreditato nei titoli) in un cameo, gli ultimi due a confermare il feeling professionale con Coppola.
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