Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Girato tra un Padrino e l’altro, sulla carta aveva tutti i canoni del film minore: budget ridotto rispetto ai due kolossal, storia più contenuta. Invece vinse la Palma d’Oro a Cannes e si è guadagnato una fama e un rispetto che crescono ancor più col tempo. Al centro della scena c’è un intercettatore freddo, impassibile e distaccato che, d’improvviso, si rende conto che svolge un mestiere in grado di condizionare le vite altrui, portandole anche alla morte. Coppola riflette sulle conseguenze della paura, sulle contingenze necessarie, sulle necessità del cinismo professionale con lucidità e rigore, anticipando al fotofinish lo scandalo di Watergate (scoperto grazie alle intercettazioni) senza mai calcare la mano né tantomeno sbagliare le dosi di suspence e meditazione.
Morandini parla, a ragione, di riferimenti a Blow-up di Michelangelo Antonioni: anche lì c’è un mezzo tecnologico (la fotografia) attraverso cui elaborare una riflessione sullo stato delle nostre incertezze di fronte all’infallibilità della tecnica. Può un’intercettazione captare tutta la verità, nient’altro che la verità? O sotto la patina della verità apparente ce n’è un’altra più complessa, più imprevedibile, più inquietante. Percorso dal teso pianoforte di David Shire, il film vive soprattutto della mastodontica performance di Gene Hackman in un ruolo passato alla storia e ripreso perfino da Tony Scott in Nemico pubblico: gli ultimi dieci minuti, pressoché muti, sono cinema puro difficilmente ripetibile (citato in tempi recenti da Le vite degli altri: quel che si dice un film seminale).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta