Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Harry (Gene Hackman), coniuga la sua vita con il lavoro, intercetta la vita degli altri. Non gli interessa cosa dicono ma che ciò che registra si senta bene. Quando toccherà a lui la stessa sorte entrerà in una crisi forse irreversibile con il suo spaesamento e la sua coscienza. Dramma dell'uomo contemporaneo che per lavoro e per senso di omologazione non entra nel merito di ciò che fa, credendo che il muro che lo separa dagli altri e da sè, sia inscalfibile. Il film di Coppola mischia per bene gli elementi caratteristici della rappresentazione più analoga alla realtà, lavora su pochi piani sequenza e poi su inquadrature sempre più ravvicinate, per ripeterle e farle esaminare. La verità dunque non è mai nella visione di ciò che sembra, di ciò che è verosimile, ma sta in un particolare, e quando lo si afferra assume un significato assoluto. Spy stoy o dramma psicologico che il regista manipola con bravura, come l'interpretazione superba di Hackman, personaggio per il quale difficilmente si parteggia, è solo un tramite, è colui che cerca di mettere ordine nel mondo senza però avere la forza di farne parte. Allora si rifugia nella musica, suona nell'isolamento della sua stanza, ma le note sono mescolate alle voci, ai rumori, ai suoni distorti e ricostruiti ad arte che sottraggono ogni certezza perchè non si è più capaci di ascoltare. Alla fine rimane un forte senso di disorientamento, un timore raggelante che pervade la pellicola da cima a fondo, come se nel destino di Harry fosse racchiuso l'alienazione e la rassegnazione all' inevitabilità.
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