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La conversazione

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su La conversazione

di Souther78
2 stelle

Impossibile credere che la critica sarebbe stata altrettanto generosa, senza la firma di Coppola. Difficile salvare qualsiasi cosa: attori, psicologie, trama, fotografia, dialoghi, tensione, morale... tutto difetta in questo papocchio realizzato all'ombra de Il padrino parte II, dove - evidentemente - il regista ha dato fondo a tutte le sue risorse

 
Osservando l'anno di produzione e il nome del regista, verrebbe spontaneo domandarsi: come ha potuto, Coppola, realizzare addirittura un secondo lungometraggio, assieme a Il Padrino parte II? La visione scioglie ogni dubbio come neve al sole: si tratta di un film con pochissime scene/ambientazioni, una trama a dir poco esigua, e dei risultati improponibili.
 
Diciamolo senza mezzi termini: senza la firma dell'autore, questo film sarebbe passato totalmente inosservato a chiunque. Gene Hackman non è mai stato un attore eccelso, e probabilmente ha raggiunto l'apice della sua carriera con Il braccio violento della legge. L'interpretazione più intensa, però, sembra quella nei panni di Little Bill in Gli spietati. Qui, al contrario, sembra monocorde e monoespressivo. La narrazione non decolla mai, in una perenne attesa di svolte decisive che, però, non giungono mai. Il personaggio non ha spessore, fascino, richiamo: si limita ad agire in modi spesso incoerenti, o perlomeno ingenui. Non si riesce proprio a farsi coinvolgere, e tutto sembra un lungo e ripetitivo dejà vù, anche grazie all'ascolto dello stesso nastro più e più volte. Questo esperto di controllo non è soltanto ipocrita, contraddittorio e ingenuo, ma, soprattutto, è privo di una dimensione psicologica apprezzabile. I suoi dialoghi con altre persone non aiutano a costruirne la personalità: ora cinico e risoluto investigatore, ora compassionevole samaritano, ora aggressivo, ora impaurito. Si potrebbe intravvedere una rappresentazione non romanzata dell'essere umano medio. Questo sarebbe un indubbio pregio, ma la scarsità di dialoghi non consente di andare oltre in nessun modo: ci si deve accontentare di una parabola di vita traballante e dalla dubbia morale. Se, infatti, lo scopo fosse stato quello di denunciare il fenomeno delle intercettazioni o dei pericoli per la vita privata delle persone, sarebbe miseramente fallito: a giudicare dalla vicenda narrata, la morale sembrerebbe semmai quella di non preoccuparsi degli altri.
Assolutamente inverosimile il finale: dapprima abbiamo un personaggio talmente dabbene da farsi infinocchiare da una sconosciuta, quindi troviamo lo stesso afflitto da paranoia incurabile, e peraltro scioccamente affrontata. Per quale motivo smontare casa, anzichè lasciarla provvisoriamente?
 
L'intera visione sembra in verità risolversi nel capovolgimento finale, che, però, non giustifica affatto le quasi due ore di spettacolo. La lentezza in un film può essere sinonimo di spessore, come insegna anche Kubrick. Ma ciò non significa che un film lento sia automaticamente un capolavoro. In questo caso, non è solo la lentezza il problema: all'interno di queste lunghe e incessanti scene, nelle quali si consuma l'opera, non c'è estetica, non c'è dialogo, non c'è spessore attoriale, non c'è morale, non c'è pathos. Insomma... non c'è nulla.
Senza dubbio il film peggiore di Coppola, non a caso realizzato in quattro e quattr'otto, a latere di un capolavoro.
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