Regia di Florian Zeller vedi scheda film
Un film semplicemente straordinario, in cui le scene catturano sia il vissuto del personaggio del padre ottantenne ma anche il vissuto di sua figlia
Un film semplicemente straordinario, in cui le scene catturano sia il vissuto del personaggio del padre ottantenne ma anche il vissuto di sua figlia, che cerca in tutti i modi una nuova badante, dopo l'ennesimo fallimento con le altre. In tali scene sembra parlare una labile oggettività proprio perché si intrecciano i vissuti della figlia e del padre, in un'unità in cui predominano le contaminazione confusive della demenza ma anche tutte le preoccupazioni strazianti della figlia, combattuta tra il rimanere ad accudire il padre o andarsene in Francia per impegnarsi nella sua vita in comunione con un altro uomo. In questo tempo comune, quasi tutto domestico, all'inizio il padre ha solo delle confusioni intermittenti, ma dopo un'ora del film diventano sempre più insistite, segnalando la degenarazione progressiva della malattia. Tutto il tempo frammentato, per accumulazioni non sempre ben calibrate, giunge il suo apice quando il padre si ritrova in una casa di riposo, non ricordando che ne aveva già parlato con sua figlia. Non riconosce l'infermiera, prima inizialmente fredda, ma poi, vedendo l'uomo disperarsi nella sua regressione come un bambino che vuole fortemente la sua mamma (segnale standard quando la demenza galoppa e imminente è la morte) lo abbraccia e cerca di consolarlo, mentre le riprese si avviano verso la finestra illuminata dal sole e, andando oltre la finestra, ci offre un giardino illuminato nella luce.
A parte le accumulazioni non sempre ben calibrate, il film è un vero e proprio pugno di realtà nello stomaco, in particolare per spettatori che hanno vissuto o vivono la demenza senile di un caro famigliare e hanno dovuto compiere la dolorosa scelta tra il mantenere il sofferente in casa consegnando tutta la propria esistenza in gestione e cure non sempre fattibili o quella decisiva e dolorosa di mandarlo in un ospizio. Già per questo solo fatto il film riesce eccome.
In più si tratta di un realismo sui generis, intessuto e fatto di vissuti in progressive che si incarnano in tempi passati, presenti e futuri in presenti che si sovrappongno svelando il vissuto del padre nel quale sono anche compresi i vissuti della figlia, la quale porta con sé, nel ricordo allucinatorio, la presenza del marito da cui ha divorziato anni fa, e che poi a ben vedere non è altro che il direttore dell'Istituto, come del resto l'infermiera che prima era figurata come badante, percepita dal padre come irritante, meno dolce di un'atra badante che gli ricorda, ma in sostanza è, l'altra figlia che non è più venuta a trovarlo, anche se poi in un sogno, dove è già nella casa di riposo, la vede stesa su un letto in fin di vita a causa di un incidente che si rivela letale, mentre il papà ha sempre rimosso quell'evento credendola ancora viva, pittrice (e qui ci sarebbe un lungo discorso da fare in quanto pittrice; accenno soltano che il dipinto, platonicamente, è copia della realtà vivente, che finisce per essere sostiuita dal simulacro dela copia) e migliore dell'altra figlia .
Inoltre il film è altamente simbolico, perchè fa scendere sul tempo squarci profondi che rivelano un tempo latente, frammentato, ma questa frammentazione non è altro che il simbolo di quello che resta in un'esistenza ferita da una sofferenza infida e insidiosa, che egli non ha mai accettato ridossandola agli altri, ma che può trovare la pace nel giardino dell'ospizio come spazio trascendente della vita rinnovata nella gloria. Con la clausola annessa che se non ritorneremo come bambini non entreremo mai, e non a caso il padre diventa figlio di una donna che lo consola stringendolo a sè, come Maria con Gesù deposto dalla Croce.
Un' ultima cosa; quel che colpisce è lo sguardo intensamente fenomenologico sul padre, che scrutandolo dall'interno della popria demenza sembra dirci che si segue quello sguardo fino in fondo, eluso un pò da tutti gli astanti, si riesce a comprendere l'umana e sofferta logica della demenza, in modo da evitare comportamenti estranei e invasivi sul soggetto. Purtroppo si fa poca fenomenologia, soprattutto da parte dei medici psichatri, ritenuta morbida e poco incisiva, in realta la si evita perché faticosa e richiede troppo impegno di empatia, cosa che oggi, e mai come oggi, sta svanendo come neve al sole.
Per concludere un film a mio avviso riuscito nell'intento, un 8 pieno
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