Regia di Florian Zeller vedi scheda film
Esordio coi fiocchi, dietro la macchina da presa, di Florian Zeller. Un dramma intimistico di scuola polanskiana, mista al migliore Cinema francese internazionalizzato. Ove a dominare la scena sono gli strepitosi Hopkins e la Colman, fuoriclasse indiscutibili.
Oggi recensiamo la prima prova registica del talentuoso Florian Zeller. Ovvero lo stupendo e giustamente acclamato The Father.
Come detto, trattasi dell’esordio di Zeller dietro la macchina da presa, un esordio clamorosamente riuscito. Infatti, The Father è stato candidato a sei premi Oscar, fra cui la nomination come miglior film dell’anno. Stranamente però, così come soventemente accade soprattutto negli ultimi tempi, cioè da quando la selezione delle possibili pellicole candidate agli Academy Awards è salita, a discrezione dei membri della sua giuria, da cinque a dieci, è altresì ovvio e ben spiegabile che se, per l’appunto, possono essere candidati al massimo 5 registi e se di conseguenza i film in gara a concorrere al premio di Best Picture sono spesso superiori a cinque, qualche regista inevitabilmente è costretto giocoforza a essere trascurato.
Dunque, sebbene tale scelta ci paia poco plausibile e immeritata, Zeller non è stato nominato nella categoria di best direcor. Ce ne dispiacciamo poiché, così come sopra accennatovi e nelle seguenti righe da noi fermamente ribadito, The Father è un grande film diretto magistralmente. Nonostante, vi premettiamo, possegga un andamento narrativo che potrebbe apparire ostico e soporifero ai più.
Tratto dall’omonima pièce teatrale di Zeller stesso, adattata cinematograficamente da quest’ultimo assieme a Christopher Hampton (già sceneggiatore peraltro di un film dal titolo assai simile con Hopkins, ovvero The Good Father - Amore e rabbia di Mike Newell, oltre ad essere stato il writer del magnifico Espiazione di Joe Wright, e regista di Carrington), The Father è sostanzialmente un finissimo kammerspiel delicato della relativamente breve eppur assai intensa durata di un’ora e trentasette minuti.
Trama:
un signore di nome Anthony (Anthony Hopkins) in là con l’età, diciamo pure anziano, soffre da tempo di demenza senile, forse a sua insaputa. Malgrado l’acuirsi dei sintomi sempre più preoccupanti della patologia di cui è affetto e afflitto, il burbero Anthony non vuole essere aiutato da nessuno, tantomeno dalla figlia Anne (Olivia Colman). Che lui spesso confonde con un’immaginaria (?) donna (Olivia Williams) senza nome, vagamente simile nell’aspetto fisionomico ad Anne. Anthony, essendo un uomo orgoglioso, avverte come umiliante e degradante chiedere l’assistenza psicologica e il supporto umano a chicchessia. E crede unicamente alla versione del suo cervello. Cioè, probabilmente la versione degli eventi quotidiani che gli accadono e gli incontri che avvengono nel suo appartamento non coincidono con la realtà oggettiva. La figlia però, lentamente, vincendo le forti resistenze e le indubbie, difficilmente scalfibili ostilità del padre, con dolce premura e ammirabile sensibilità, insomma con enorme tatto e delicatezza, ribadiamo, malgrado i primi scontri col carattere indomabilmente testardo di Anthony, riesce ad avvicinarsi a lui sempre di più, sostenendolo nella sua dura battaglia contro la sua degenerativa malattia.
L’incipit di The Father è notevole perché, con colpi di scena ben congegnati, depista le aspettative dello spettatore stesso, stupendolo con trovate impreviste che destano, non solo agli occhi del personaggio interpretato da un superbo Hopkins, forte inquietudine spiazzante. Zeller crea infatti una giusta atmosfera ricolma di affascinante suspense per cui The Father, almeno durante i primi tre quarti d’ora, potrebbe essere scambiato addirittura per un thriller d’alta scuola polanskiana. Non a caso nel film, brevissimamente, compare a mo’ di semi-spettro la torbida co-protagonista de L’uomo nell’ombra, per l’appunto la Williams. Dunque, dopo aver mescolato le carte, memore forse di Memento (perdonate il consapevole gioco di parole), Zeller svela presto le sue intenzioni e The Father assume i precisi connotati di un profondo dramma intimistico tipicamente, stilisticamente di matrice francese. Difatti, Zeller, pur avvalendosi di attori principalmente inglesi, fra cui il bentornato Rufus Sewell (Dark City, Padrona del suo destino), è nato a Parigi. E non poche volte cita sia Londra, in cui è ambientata la vicenda, che la capitale della Francia (vedendo il film, capirete perché).
A differenza di quanto entusiasticamente affermato da alcuni critici fin troppo entusiasti riguardo il valore di The Father, il film a noi è piaciuto molto ma specifichiamo che non è un capolavoro. Bensì un’opera molto elegante dagli evidenti pregi importanti.
A partire dalla splendida recitazione di Hopkins e della Colman (il primo candidato come miglior attore protagonista, la seconda come non protagonista), passando per la suadente musica di Ludovico Einaudi (Nomadland) e l’accattivante fotografia naturalistica di Ben Smithard, fin ad arrivare al serrato montaggio di Yorgos Lanprinos.
Dopo il suo teso inizio pieno di sorprese narrative, il film si adagia su un ritmo molto lento e privo di scossoni nell’intreccio. Così che, superficialmente, potrebbe sembrare noioso, dunque potrebbe conseguentemente annoiare molti.
The Father è un film estremamente sofisticato e introspettivo la cui visione però non è di certo adatta a tutti.
Curiosità: il personaggio di Anthony, incarnato ovviamente e come detto dallo stesso Anthony Hopkins, nel film afferma di essere nato il 31 Dicembre del 1937. Ovvero lo stesso giorno di nascita di Hopkins stesso.
di Stefano Falotico
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