Regia di Florian Zeller vedi scheda film
Struggente. Per forza. Innanzitutto perché tutti possono riflettere, nella parabola discendente di uno strepitoso Anthony Hopkins, tracce di vita che realmente ci hanno coinvolto, quando non una malinconica meditazione sul proprio, personale, futuro.
Il regista addentra lo spettatore nel dramma direttamente, e genialmente, dal punto di vista del protagonista.
Non ci delucida i personaggi di contorno, ma ce li assomma e interseca esattamente come li può confondere una demenza senile, vivremo di allucinazioni e componenti familiari scomposti, memorie che tornano a galla, scenari che si sovrappongono, confusioni mentali.
Thriller nel dramma, dove fatichiamo a raccapezzarci, alla pari di Hopkins sballottato tra immagini rassicuranti, la musica che lo estrania dalle sorprese continue, una figlia persa in un incidente e continue badanti che vorrebbero interloquire nella sua esistenza metodica. Una pellicola che conquista lasciando però vagamente delusi nel suo epilogo, per tanti, troppi, versi scontato, sciogliendo allo spettatore i nodi dei personaggi che si accumulano ma rendendo penosa e nuda la resa di questo padre che fa appello alla madre, nell’unico attimo di tragica lucidità.
Io avrei lasciato lo spettatore nel dubbio, forse lo avrei incasinato ancor di più, perché la demenza non fa sconti, e per far comprendere a chi convive con casi simili, quanto può essere dura e sconvolgente, serve calarsi e agghindarsi di confusione, quando non nella disperazione più impotente, fino a far sognare atti disperati, come accade alla figlia, in una delle scene clou.
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