Regia di Richard Hilliard vedi scheda film
Pellicola per lungo tempo ritenuta persa, rinvenuta in un'unica copia in Scandinavia. Pionieristica per tematica e per una insistente ed esplicita (per l'epoca) dose di nudo. Le attrici, ad eccezione della sadiana vendicatrice, sembrano arrivare da audizioni tenute da Russ Meyer per quanto di circonferenza toracica esuberante.
Suggestionato dalla figura di de Sade, Max (Sheldon Pearson), uno scrittore francese impegnato nella traduzione di un testo del marchese, inizia a mettere in pratica fantasie erotiche estreme, nel rispetto della filosofia perversa e contorta del dissoluto personaggio. Non prima, però, di sfruttare il suo gradevole aspetto per sottrarre soldi ad una ricca ragazza obesa, conosciuta occasionalmente.
"L'unica regola della natura è intrattenere te stesso. Non importa chi è buono. Niente è più immorale della natura. Non è mai stata gentile e morale. La natura non proibisce nulla. La legge è ingiusta. La saggezza è un'arma a doppio taglio. La gente si arrende, in cerca di divertimento nel crimine. Il Male diventa un'abitudine (...) La castità non è una virtù ma solo una forma di convenzione, solo questa (...) La natura ci insegna cattive abitudini e virtù. Non vi è in natura alcun crimine, solo la legge vieta."
La sintetica filmografia di Richard Hilliard (1928 - 2012) è contenuta in una manciata di titoli, realizzati nel decennio degli anni '60. Nonostante la rarità dei suoi lavori, Hilliard può essere considerato un precursore, per tematiche azzardate all'epoca della realizzazione. Comincia con The lonely sex (1959), film incentrato sulle sadiche perversioni di un maniaco che sequestra una ragazzina, tenendola poi segregata in una capanna immersa nel bosco; prosegue con Wild is my love (1963) dove tre studenti finiscono per innamorarsi di una stripteuse. Sempre in quell'anno, dirige Violent midnight (arrivato anche in Italia come La verità sul caso Fueman), storia di un veterano di guerra sospettato di essere l'autore di una serie di brutali delitti. Prima di chiudere la carriera di regista con lo sconosciuto The secret files of detective "X" (1968), realizza questo oltraggioso (con riscatto moralistico in chiusa) I, marquis de Sade, film decisamente visionario, con un protagonista munito di bombetta alla Charlie Chaplin, sempre sorridente, elegante, raffinato degustatore di champagne e affabile, ma profondamente turbato dalla traduzione dei libri sui quali sta lavorando.
Il film comincia con i titoli di testa scritti a penna sul corpo di una donna nuda e il protagonista ci viene presentato mentre sperimenta, nel mondo onirico, l'allucinante esecuzione della ghigliottina. È un sogno vivido, premonitore, interrotto -come poi accadrà più volte- dallo squillare di un telefono. All'altro capo sta un dottore, che vuole discutere di alcuni esami medici in privato. Convinto di essere afflitto da un male incurabile, Max (nella versione originale Donald) precipita in uno stato psicologico delirante: spesso si vede attraversare le vie della città nei panni di de Sade, mentre le immagini in primo piano di un cervello in fibrillazione rivelano che la sua mente è ormai prossima alla follia. Prova ne sia la convinzione, da lui vissuta, di poter volare (esperienza provata in occasione di un altro lucido sogno). Facendo uso di zoom (in avanti e in retrocessione), di profetiche visioni (la decapitazione, le scene con de Sade in prigione) e di nudi prosperosi (la maggior parte di donne che Max incontra sono di taglia forte), Hilliard compone un mosaico di immagini penetranti, talvolta morbose e spesso fedeli alla filosofia sadiana (la sequenza della sessione fotografica con la stripper uccisa in sogno). Sintetico, visionario e catartico (il finale, con meritato castigo che dà senso compiuto al sogno premonitore), I, marquis de Sade rimane un'opera pionieristica per lungo tempo andata persa, sino al fortuito ritrovamento di un'unica copia in Scandinavia.
F.P. 25/11/2019 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 69'30")
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