Regia di Gerard Bush, Christopher Renz vedi scheda film
“Antebellum” è il film definitivo sulla questione razziale. Più di “Noi”, ben più di “His House”, più del sopravvalutatissimo “12 anni schiavo” e forse perfino più di “Scappa – Get Out”, che rimane un horror formidabile ma che non la stessa forza spiazzante e dirompente del film di Gerard Bush e Christopher Renz.
Si apre con un piano sequenza formidabile, “Antebellum”, che già rende evidente la sicurezza e la padronanza registiche dei due autori, anche artefici della sceneggiatura. Al qual proposito è doveroso aprire una parentesi: è infatti la struttura del film a renderlo bellissimo e sorprendente, uno script capace di creare un corto circuito tra passato e presente sancendo un coraggioso legame tra storia e contemporaneità. È lì, in quest’amalgama metaforico, che sta tutto il valore politico del film. Non tanto la morale del passato che può ripetersi, quanto piuttosto il passato come presente, l’annullamento del divario temporale. Un gioco – per così dire – a incastri che funziona alla perfezione, come un Shyamalan dei tempi d’oro (il film guarda molto a “The Village”). La sospensione dell’incredulità è una condicio sine qua non, ma sarebbe davvero un peccato ergerla a limite di plausibilità, perché “Antebellum” ha da dire tantissimo sui nostri tempi. È come se, dopo tante opere negli ultimi anni (quelle sopra citate) intente a rivendicare ingiustizie ed eguaglianze razziali, il cinema avesse trovato la sua forma più felice e definitiva per trattare l’argomento. Alleluia!
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