Regia di Piero Livi vedi scheda film
Per i primi venti minuti il film riesce a farsi prendere sul serio, se non proprio quale una storia sociologica sulle usanze della Sardegna, come un'opera d'azione, un dramma rusticano di vendetta e riscatto, ambientata in una terra della quale, ancora oggi, si conoscono soprattutto gli stereotipi e gli aspetti esteriori.
Poi la svolta arriva con Corrado Pani, nei panni di un ex pastore sardo emigrato a Milano per lavorare come operaio, che indossa il costume tipico, con tanto di blusottino senza maniche e coppolina in testa. Da quel momento i dialoghi del copione si trasformano in un drammone modello fotoromanzo, con personaggi bidimensionali come quelli dei fumettoni offerti sulla carta stampata, svolte improvvise e immotivate, digressioni inserite soprattutto per allungare il brodo della trama e la durata del film. La più gratuita è la svolta del personaggio interpretato da Renzo Montagnani, che ex abrupto aderisce alla tesi contraria alla giustizia sommaria, fino a quel momento propugnata, in solitaria, dall'emigrato. Ma almeno Pani e Montagnani sono due attori veri, così come almeno Bucci e Regina Bianchi; non altrettanto si può dire di alcuni altri componenti del cast, a cominciare dalla povera Jenny Tamburi, assai spaesata tra i monti del Gennargentu ( o giù di lì).
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