Regia di Sharunas Bartas vedi scheda film
La casa è la dimora dell’umanità, in mezzo alla quale lo sguardo di Gesù si aggira sbigottito e addolorato. La vita, ricca o povera che sia, è profana, promiscua, pagana, un ambito in cui persone ed animali partecipano della stessa selvaggia nudità e dei medesimi istinti materiali. La carnalità è una forma d’amore che, però, intrappola al terreno, impedendo all’anima di volare verso le altezze dello spirito divino. La madre, a cui la voce narrante del protagonista si rivolge all’inizio ed alla fine del film, appartiene ad un tempo lontano, ad un luogo che egli ha smesso di frequentare, ad un ideale di vicinanza e comprensione che l’esistenza ha reso ormai irrealizzabile. A parlare è un Cristo imprigionato al suolo, rimasto invischiato nel fango di una realtà perduta: il suo ritorno tra noi, che dovrebbe spalancare la speranza su un futuro eterno, rimane, invece, incatenato in un presente arenatosi nella banalità, che non lascia scampo alcuno. Con la sua seconda venuta, il Messia porta a compimento il suo progetto di farsi uomo, partecipando fino in fondo alla nostra condizione limitata e imperfetta e, soprattutto, oppressa dalla prospettiva di un avvenire chiuso, sigillato dalla certezza della morte. Incanta, in questo film, la dolorosa delicatezza di questa religiosità blasfema, che osa apporre il volgare timbro della finitezza sulla stessa incarnazione di Dio: ma questo Dio schiacciato dal peso del mondo è la manifestazione di un dolore che Egli vive concretamente, insieme a noi, vedendo, attraverso i nostri occhi, il buio che ci aspetta al di là della fugacità dei sogni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta