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Sofá

Regia di Bruno Safadi vedi scheda film

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La recensione su Sofá

di alan smithee
7 stelle

TFF 37 - ONDE

Il popolo è sotto sfratto da quando la speculazione edilizia ha deciso di radere al suolo alcuni vecchi quartieri popolari per trasformarli in zone residenziali di lusso.

Ecco allora che una gracile ma tenace ex insegnante recentemente cacciata dalla sua modesta abitazione, incontra in spiaggia un giovane ragazzo solitario, aitante e vitale quanto taciturno vestito come un novello pirata, che aiuterà la donna a rientrare in possesso del suo vecchio sofà, finito, al pari di molte altre cose personali di cui sono stati private le vittime di questa persecuzione capitalistica in atto, in fondo al mare.

In modo bizzarro e grottesco che ricorda (ma all'inverso a livello di tragitto) il geniale corto polanskiano "Due uomini e un armadio", i due attraverseranno la città con l'infradiciato cimelio, affrontando scontri tra la popolazione in rivolta e le forze dell'ordine, riuscendo anche a farsi dare udienza dal rassicurante sindaco, che presterà attenzione alle parole della donna, senza peraltro assicurarle più che un generico interessamento.

Dall'autore del visionario ed eccellente The Mayor (O Prefeito, visto ed apprezzato a Locarno anni fa), Bruno Safadi, collaboratore di Julio Bressane ed autore ispirato e votato al picaresco e alla parodia surreale, Sofà si presenta come una coloratissima e bizzarra parabola di argomento civico-morale protesa a protestare contro un abuso di potere imperante ed oppressivo in cui finisce sempre per soccombere la maggioranza, ovvero il popolo degli indigenti, coloro a cui viene tolto anche quel poco che gli consente di sopravvivere, a favore di una ristrutturazione figlia di un benessere che rimane appannaggio di sempre meno beneficiari, tuttavia sempre più ricchi ed incontentabili.

Safadi ama rappresentare l'assurdo, ed ironizzare su temi inequivocabilmente seri e pregnanti all'interno di una giungla urbana ove il divario economico tra le classi sociali crea abissi ormai incolmabili, ed ove il ceto privilegiato rifiuta le brutture e cerca di ghettizzarle, senza accorgersi che i mostri più autentici si annidano ormai unicamente tra le loro fila, peraltro sempre più sparute, ma composte da individui sempre più esigenti, che consumano e distruggono più del fisiologicamente necessario, pretendendo di essere circondati da oasi di perfezione che necessitano ergersi ben al di sopra di tutto ciò che è destinato ad ritrovarsi come un rifiuto superfluo, in realtà per forza di cose riciclabile per la sussistenza travagliata del sempre più indigente e precario strato sociale di base. 

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