Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
C'è malinconia per Eastwood davanti ad un uomo che verrà giustiziato. Se "True Crime" non è un feroce atto d'accusa alla pena di morte, è sicuramente una presa di posizione diversa, che punta il dito su questo sistema giudiziario americano e non che fa acqua da tutte le parti, ma che soprattutto porta alla deriva un uomo davanti al mistero della morte. Non solo al mistero, ma anche all'inutilità della morte. Soprattutto se si è innocenti. Dice molto di più a questo proposito "Dead Man Walking", perchè il colpevole era davvero colpevole, e a suo modo va più a fondo e colpisce al cuore l'interpretazione di Gene Hackman in "The Chamber". Ma anche il film di Eastwood, autore a tutto tondo, tra la vita quotidiana di un cronista sgangherato e a tratti immorale, o meglio amorale anche se l'amoralità dell'uomo eastwoodiano è tutta da verificare, e la vita di un condannato di colore, riesce a strapparti la carne dal viso e a non lasciarti immune difronte al solito grande interrogativo: chi deve decidere della nostra vita? Dio? La Giustizia? Il Presidente? Il Governatore? Ridotto ai minimi termini il film sembra denunciare un paese irriconoscibile, e se a dirlo è l'ex repubblicano di ferro Eastwood, che poi proprio proprio repubblicano non lo deve esser mai stato, allora c'è da credergli. E credergli significa fare nostra la malinconia stilistica del film e lo spaesamento interiore del suo protagonista, che uniti ai nostri legittimi dubbi di bravi cittadini (ma non troppo) ci portano a cantare quasi ipnoticamente la canzone dei titoli di coda "Why Should I Care?", composta proprio da Clint Eastwood.
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