Regia di Andy Wachowski, Larry Wachowski vedi scheda film
C'è un non so che di terrificante in Matrix (1999) delle sorelle Wachowski, nello squarciare lo Schopenhaueriano velo di Maia che si frappone innanzi agli occhi del signor Anderson/Neo (Keanu Reeves), per scoprire in realtà che tutta la nostra vita è stata solo una gigantesca manipolazione della nostra mente, atta ad istillare false esperienze e sensazioni di vita.
La pellicola non è altro che un percorso di distruzione del vecchio sé (Anderson), alla ricerca di una nuova forma ed identità che plasma il nostro nuovo essere (Neo).
Alla base del successo della pellicola sta senz'altro l'aver saputo miscelare insieme una concezione dell' azione tipicamente orientale (John Woo in primis) e la spettacolarizzazione tipica blockbuster combinati con degli effetti speciali all'avanguardia e per niente invecchiato ancora oggi; il tutto tritato con teorie new age, cinematografia asiatica e la capacità di rendere in modo relativamente "semplice" la filosofia Cartesiana con influssi evidenti del pensiero di Nietzsche, Marx e Kierkegaard.
Di evidente impronta Cartesiana risulta essere la struttura dei dialoghi del film, molto spesso posti in forma dubitativa ed interrogativa, che non danno risposte, ma più che altro contengono indizi che contribuiscono a portare il nostro protagonista sulla retta via, ma il percorso interiore lo deve compiere con le proprie gambe. Il viaggio sarà portato a termine solo quando il signor Anderson dubitera' di tutta la realtà/non realtà vissuta, in modo da prendere definitivamente atto della propria esistenza come soggetto pensante; tra l'altro unica verità in partenza di cui si dispone.
Particolarmente originale è l'interessante teoria che vede tutti gli essere umani, vivere un'esistenza da entità sognata, che si rivelerà come tale solo nel momento della morte, in cui vi sarà il vero risveglio dal sogno che era la nostra vita sino a quel momento. L' essere umano fatica enormemente ad accettare di mettere in discussione tutte le regole e le leggi che permeano il nostro mondo e per questo e indotto sempre a pensare è ripensare prima di compiere una scelta, quando invece l'aut-aut Kierkegaardiano é un salto nel vuoto incondizionato (la pillola blu o la pillola rossa).
Dubitato di tutto e abbracciata incondizionatamente la possibilità di scelta offertaci, possiamo prendere coscienza delle sovrastrutture impostaci dall'autorità (Matrix), ed essere in grado di distruggerle per rimuovere le barriere che non rendono l'umanità libera ed uguale, ponendo in tal modo fine alla condizione di sfruttamento della maggioranza della popolazione (le macchine ci usano come pile per ricavare energia).
Solo l'eletto però avrà la forza di superare i vecchi valori annunciandone la morte, risorgendo a nuova vita e porre in essere una nuova presa di coscienza, in modo da trascendere la propria condizione, diventando così un superuomo di stampo Nietzscheano, che è puro essere in grado di discernere l'esistenza in puri e semplici numeri binari, riplasmandola a proprio piacimento (vedere l'utilizzo del bullet time nelle scene d'azione con Neo e lo scontro finale con l'agente Smith).
Certo, c'è troppa ipersemplificazione atta a rendere accessibile il prodotto a tutti, quando la soddisfazione della conoscenza dovrebbe essere raggiunta con molta più fatica ed inoltre, c'è un'eccessiva fighetizzazione nell'abbigliamento (tutti in nero e giubbotti stilosi) e troppa spettacolarità spaccona nelle scene d'azione (al secondo calcio in aria si perde ogni riferimento di poesia nel combattimento), con ricadute fastidiose nei dialoghi ("Prova a schivare questo" di Trinity, è la battuta più inutilmente tamarra del film). Il vero problema però sta nel aver posto Matrix e realtà dell'anno 2070 come due entità separate, quando il grande Mamoru Oshii in Ghost in the Shell (1995), aveva capito che era molto più interessante non solo un percorso immanente (Neo invece sceglie la trascendenza nel finale), ma anche rendere reale ed irreale due categorie talmente fuse insieme, da rendere impossibile qualsiasi distinzione.
Comunque sia, risulta indubbio che resta un tentativo riuscito in parte di portare profondità di contenuti e tecnica nei blockbuster, che da lì in poi sarebbero divenuti meri giocattoloni sempre più vuoti e roboanti (vedasi quella ciofeca immane della Minaccia Fantasma uscito quell'anno). Grande successo di pubblico e critica, lanciò come star Reeves (un protagonista perfetto nel film e capace di esprimere un consapevole percorso di distruzione e ricostruzione del proprio essere) e vari attori come la brava Carrie Ann Moss (l'anno dopo farà quel capolavoro di Memento) ed il glaciale calcolatore Hugo Weaving (l'agente Smith è il personaggio più iconico del film). I due sequel non li ho mai visti, e cercherò di vederli quando potrò senza pregiudizi.
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