Regia di Orso Miyakawa, Peter Miyakawa vedi scheda film
Basta leggere la trama per capire che il rischio di dispensare vittimismo e patetismo spiccioli sotto forma di morale c’era tutto. I fratelli Miyakawa invece riescono a eludere le trappole del “cinema migrante” e realizzano un’opera che si distingue dal desolante panorama del cinema italiano prima di tutto per un’atmosfera piacevolmente ondivaga e trasognata. Come se i personaggi vivessero in un limbo, in un purgatorio statico e pacifico: la vita come un’attesa quindi, in un luogo-stato che è un passaggio non solo da uno Stato (con la maiuscola questa volta) all’altro, ma lo è anche nell’accezione metamorfica del termine, nell’evoluzione dei/nei personaggi che lo abitano. Una commedia umana quindi, resa frizzante da un’ironia ben calibrata ed efficace (il personaggio di Don, in particolare, è irresistibile). Coinvolge e prende piano piano, “Easy Living”, decollando definitivamente quando affronta la fase dell’escape plan, deliziando e stupendo – quantomeno in rapporto a quel che è oggi la commedia italiana – per la sicurezza e il rigore stilistici, la cura registica e la capacità di fare economia di mezzi.
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