VENEZIA 77 - FUORI CONCORSO
La notizia dell'arrivo di un bambino, rallegra l'animo un po' tormentato di Marco, ingegnere abitante a Venezia, la cui compagna si è scoperta incinta. L'uomo si porta sulle spalle la disgrazia della morte del figlioletto ancora bambino, concepito con la ex moglie e morto a seguito di una disgrazia domestica.
L'atmosfera allegra generata dalla prospettiva del futuro nuovo evento, è destinata a mutare quando una strana ed ambigua signora contatta Marco presentandosi come la nuova padrona dell'appartamento in cui l'uomo visse con la ex moglie, ed in cui ebbe luogo la disgrazia.
La donna tenta in tutti i modi di coinvolgere l'uomo nel mistero che pare aggirarsi nella casa, in cui ancora aleggerebbe lo spirito del figlio morto, tornato a tormentare i nuovi proprietari, in particolare il bambino coetaneo figlio della nuova padrona.
La circostanza, in grado di alterare i nervi già un po' agitati di Marco, finirà per coinvolgerlo in un intrigo misterioso in cui, giostrandosi in bilico tra tre donne tutte ossessionate ognuna dalla problematica che l'affligge, ognuna mossa da un'esigenza diversa, sarà difficile riuscire a discernere l'impalpabile verità dall'eventuale inganno che può celarsi addentro ad un mistero evanescente quanto assurdo ed incredibile.
Una Venezia cupa e misteriosa, una morte prematura di un infante a causa di una disgrazia, ed il fantasma del bambino che crea aspettative o illusioni pericolose.
Si oltrepassa l'autolesionismo, almeno sulla carta, a raccontarci qualcosa di simile dopo che è esistito e stato concepito un capolavoro di mistero e furente efferatezza come fu l'ormai famosissimo Don't look now (da noi A Venezia... un dicembre rosso shocking) di Nicholas Roeg, con Donald Sutherland e Julie Christie, un film a suo modo maledetto e sconvolgente che nessuno, più nel bene che nel male, può permettersi il lusso di dimenticare, una volta preso in visione.
Mordini ci finisce inevitabilmente invischiato: impossibile non pensare al film magnifico e torvo di Roeg, anche quando il nostro film vira più sul lato dell'inganno, lasciando un po' da parte l'elemento mistico e misterioso.
Tutto ciò premesso, il risultato complessivo poteva risultare ben peggiore, salvato senz'altro da un cast di attori piuttosto azzeccato e glamour quanto basta per allontanarci dalla pista distruttiva del film inimitabile ed irraggiungibile di Roeg. Stefano Accorsi pare davvero impegnarsi molto e la sua prova risulta convincente, come anche quella, in particolare tra le donne (le altre due sono Valeria Golino e Serena Rossi), di Maya Sansa, madre vulnerabile ma tutt'altro che arrendevole, disposta ad affidarsi all'ignoto e all'assurdo pur di poter riuscire a percepire qualche indizio in grado di riportarle accanto la figura più importante della sua vita, ovvero quella del figlio rimasto ucciso.
Certo poi, quando si tratta di arrivare alle conclusioni, la sceneggiatura è costretta a ridurre tutto in una bolla di sapone, restando vaghi, generalizzando, come unica possibilità per uscirne in piedi e non fatti a pezzi da chi - e sono molti - non può, ne potrà mai scordarsi la tensione ed il turbamento provati con la visione di quel torvo, inquietante, impareggiabile Don't look now.
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