Phil è un robusto e tatuato belga ultracinquantenne che da tempo si è rifugiato in mezzo alla bellezza selvaggia e genuina dell'Isola di Lewis, in Scozia, nell'arcipelago delle Ebridi, fuggendo da chissà quale misterioso o controverso suo passato.
Da anni l'uomo, taciturno e solitario, lavora presso una fattoria che alleva montoni, che fa capo ad una antica famiglia di protestanti nativi dell'ameno luogo.
Un giorno l'uomo viene colto improvvisamente da un infarto cerebrale, che lo lascia inerme a pochi passi dal mare.
Soccorso e portato in ospedale, l'uomo si riprende, ma l'amnesia totale che il colpo gli ha procurato, lo rende vulnerabile ed incerto, al punto da dover essere inizialmente sorvegliato in modo pressoché costante.
Ci penserà la matura ma ancor piacente figlia dell'anziano e severo proprietario della fattoria (una delicata ed espressiva Michelle Fairley), ad occuparsi di Phil, e raccontandogli poco per volta della relazione che sarebbe intercorsa tra i due prima della malattia che colpi l'uomo.
Phil si lascia pertanto andare al sentimento che lo guida e all'attrazione che prova per la garbata e piacente donna. Ma sarà tutto vero quello che la donna gli racconta?
Bouli Lanners è uno degli artisti cinematografici belgi più versatili dell'ultimo ventennio, in grado di destreggiarsi in ruoli comici così come in parti inquietanti in cui dà anima e corpo a personaggi davvero ai limiti.
Ma, e lo ha dimostrato già dirigendo tre interessanti film, un regista di talento, autore di tre film interessanti, se non proprio belli, come Eldorado road (2008), Un'estate da giganti (2011), e Les premiers, les derniers (2016).
Questa sua ultima fatica, intitolata Nobody has to know (in Francia, ove è appena uscito in sala, "L'ombre d'une mensonge") si presenta come un raffinato e trattenuto thriller dell'anima e del cuore che, attraverso una sorta di rinascita obbligata che la drammatica circostanza richiede al nostro sfortunato protagonista, permette di far luce su una comunità isolata sia dalla natura, sia dalla propria riservata etica morale.
La stessa che spinge una donna per troppo tempo soggiogata e costretta in un ruolo sacrificale, ad escogitare un suo piano per poter uscire dal ruolo che le regole severe del luogo le hanno costruito addosso, privandola di ogni libertà ed emozione di vivere.
Lanners dirige con professionalità una sorta di giallo psicologico che sonda tra i comportamenti rigidi ed inflessibili di una società racchiusa ostinatamente in se stessa, pregiandosi di una ambientazione e di paesaggi naturali mozzafiato che ben si contestualizzano a rappresentare una società fuori dal tempo e dalle frenesie di un mondo al contrario decisamente globalizzato.
E il volto interdetto dai molteplici interrogativi che lo colgono, quando il protagonista (reso molto bene dallo stesso Bouli Lanners, attore di comprovata versatilità come accennato sopra) si (ri)scopre addosso un corpo incastonato di tatuaggi a lui - momentaneamente in condizione di amnesia totale - completamente ignoti, diventa il simbolo di un film denso di misteri, ma allo stesso tempo pacato e impegnato a concentrarsi sulle singole sfaccettature interiori dei suoi due protagonisti e di qualche altro personaggio di contorno, piuttosto che concedersi sfacciatamente alle regole della suspence e del thriller.
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