Regia di George Clooney vedi scheda film
È incredibile quante risorse un essere umano sia in grado di scovare dentro se stesso quando non ha più nulla da perdere ed è ormai prossimo al capolinea. Improvvisamente, gli errori e i rimpianti di una vita intera plasmano una robusta base motivazionale, per resistere a oltranza, superare limiti imposti da condizioni severamente avverse e lottare con le unghie e con i denti. Anche senza cercare un improbabile perdono, ma semplicemente per fare la cosa giusta e regalare una seconda opportunità a chi non ha mai potuto beneficiare di un supporto primario.
Su The midnight sky si possono spendere vagonate di parole ma non definirlo un film artisticamente imperdibile. Contestualmente, ha anche il grande merito di stabilire un canale di comunicazione che vale la pena di essere ascoltato, recepito e non vanificato. Pensando all’oggi, con distanze sociali che intaccano anche quei rapporti che dovrebbero venire prima di ogni altra considerazione, e al futuro, con le prospettive di una coesistenza sempre più impervia con il nostro pianeta.
Febbraio 2049. Mentre gli ultimi esseri umani sopravvissuti si accingono ad abbandonare la superficie della Terra per rifugiarsi nel sottosuolo, Augustine (George Clooney), uno scienziato colpito da una grave malattia ormai giunta allo stadio terminale, sceglie di rimanere nell’osservatorio. Il suo ultimo obiettivo consiste nello stabilire un contatto con la missione Aether che, dopo anni trascorsi nello spazio per verificare la compatibilità del satellite di Giove K23 con le esigenze umane, sta rientrando senza essere a conoscenza delle condizioni catastrofiche in cui versa il pianeta.
Nel frattempo, il team di astronauti che comprende il capitano Adewole (David Oyelowo), la sua compagna Sully (Felicity Jones), Mitchell (Kyle Chandler), Sanchez (Demian Bichir) e Maya (Tiffany Boone), dovrà dapprima affrontare le complicazioni del viaggio di ritorno e successivamente prendere delle decisioni che non ammettono alcun ripensamento.
Tratto dal romanzo La distanza tra le stelle di Lily Brooks-Dalton e sceneggiato da Mark L. Smith (Revenant), The midnight sky è il settimo film diretto da George Clooney che, per l’ennesima volta, non si ripete, avventurandosi in nuovi lidi.
Così, declama un racconto disposto su due traiettorie destinate a confluire, la space opera e il survival movie, frangenti diseguali in protratto interscambio, con equidistanze cagionevoli e un’occupazione degli spazi che offre un quantitativo circoscritto di elementi da annotare sul taccuino, almeno fino all’epilogo che, invece, è nobilitato da un colpo di reni pregno di significati.
In ogni caso, parliamo di una doppia copertura, di apparati utilizzati per andare a battere altri tasti, per promulgare un discorso profondamente umanista che, tra desolazione e solitudine, scorie e distanze, incognite e rifugi, affronta relazioni mai sbocciate ma non relegabili nel dimenticatoio e i pericoli che rischiamo seriamente di vivere sulla nostra stessa pelle se non cominceremo a trattare con maggiore rispetto il nostro pianeta.
Soprattutto quest’ultima tematica calza come un guanto all’immagine pubblica e attiva di George Clooney, che si ritaglia il sofferente, silenzioso e accidentato ruolo del protagonista, allontanandosi così dall’aurea glamour per cui è principalmente riconosciuto.
Tenendo conto dei punti di contatto con altre pellicole ambientate nello spazio cosmico (Interstellar per la ricerca di un nuovo mondo da abitare e Ad Astra per un legame di sangue mai consumato), così come delle distanze che si prende dalle stesse, The midnight sky è un film con segmenti anemici ed episodici colpi di scena, per giunta telefonati. Non è né illuminato né coeso, ma ha anche un ripiano in discesa che scivola verso un epicentro struggente, una risoluzione toccante scevra da quelle facili illusioni che vorrebbero vedere tutti vivere felici e contenti, dimenandosi tra un ammonimento ammirevole e uno sprono trasversale a fare di più. Per noi stessi, per chi dovrebbe essere la nostra stella polare e per il bene comune, prima che sia troppo tardi.
Tra pregevoli intenzioni e coloranti superflui.
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