Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Personale sdoganamento dal genere documentarista, paragone col grande maestro, oppure rivisitazione del capolavoro per evidenziare che è ancora d’estrema attualità. Prima durante e dopo la visione, ci si chiede cosa ci sia dietro alla scelta di Gus Van Sant nel realizzare un pedissequo remake di “Psycho”… La risposta non è facile. Van Sant non omaggia, ma plagia. Se Anthony Perkins e Janet Leigh fossero ancora vivi e in salute, forse Van Sant avrebbe cercato di utilizzare loro, per un film che più che remake si sarebbe dimostrato una copia senza senso. Il regista di “Elephant” studia alla perfezione l’archetipo hitchcockiano e lo ripropone con pochissime variazioni tecniche: le inquadrature sono quasi identiche; mentre le uniche varianti riguardano esclusivamente un ammodernamento di alcune scelte di sceneggiatura: il voyerismo del Bates di Perkins si tramuta nell’onanismo del Bates di Vaughn, per fare l’esempio più lampante.
Un film è un misto di tanti fattori tra cui originalità e creatività. Ecco perché questo “Psycho” è lontano dall’esserlo.
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